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OMELIA PER LA SOLENNITA' DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE
di Giacomo Biffi

Affascinante e singolarmente cara al cuore cristiano è questa festa dell’immacolata concezione di Maria, come del resto cara all’amorosa sapienza di Dio è la verità che oggi è gioiosamente celebrata dai credenti in tutte le regioni della terra.
Che cosa dice questa verità? Dice che la Madonna fu preservata da ogni contaminazione dell’anima, persino dal misterioso deterioramento primigenio col quale dopo la prevaricazione di Adamo tutti gli uomini giungono all’esistenza. Fu cioè preservata, come ci insegna il catechismo, da quel “peccato originale” che in noi viene cancellato col battesimo.
Non è che Maria non abbia avuto bisogno dell’intervento salvifico del Figlio di Dio crocifisso e risorto, di cui abbiamo bisogno tutti.
Anche lei come noi, arriva in un mondo immerso nel male e contaminato; ma in lei l’azione redentrice ha dimostrato il massimo della sua potenza. Il dono d’amore di Cristo si manifesta in Maria subito nel grado più alto, perché fin dal primo istante questa creatura è in comunione con Dio.
Nessun dissidio interiore ha potuto neppure per un momento lacerare la sovrumana armonia del suo animo. La vittoria del Salvatore, che in noi ha avuto la conseguenza di guarirci, in lei è stata così radicale da tutelarla anticipatamente da ogni malessere. Per noi la redenzione è stata il farmaco che cicatrizza la piaga; per lei è stata la medicina che previene il deperimento ed evita la ferita.
In ogni uomo, anche nei più santi, la misericordia del Signore ha assunto necessariamente anche la forma del perdono; in lei no: in lei è stata soltanto una sublimazione che l’ha sollevata “più su del perdono”, per usare l’espressione ammirevolmente sintetica e intensa di un grande poeta cristiano:
“ Te sola più su del perdono
l’Amor che può tutto locò”
A.MANZONI, Ognissanti 47-48).
* * *
Il racconto dell’annunciazione, che abbiamo ancora una volta ascoltato, ci consente di renderci conto almeno un poco della bellezza interiore e del pregio trascendente dell’intera vita di questa creatura, che ha avuto un inizio tanto splendente ed eccezionale.
La Vergine è lodata dall’angelo come “piena di grazia” prima di tutto per la piena disponibilità ad aprirsi alla luce inattesa che l’investe dall’alto. Maria non conosce tutto e non comprende subito il piano di Dio: perciò non teme di chiedere con semplicità delle spiegazioni. Non possiede la “scienza infusa”: possiede la fede; e appunto la fede motiverà il primo elogio umano da lei ricevuto, quello di Elisabetta che le dice: “Beata sei tu che hai creduto” (cfr. Lc 1,45).
Anche nel seguito dei suoi anni non le era immediatamente chiaro ciò che le avveniva in conformità al misterioso disegno del Padre, proprio come càpita a noi; e - sempre mantenendosi in un atteggiamento di fede intemerata - come noi ha dovuto camminare in una penosa oscurità: Maria e Giuseppe “si stupivano” (Lc 2,33), nota una volta l’evangelista Luca; e più avanti: “Essi non compresero” (Lc 2,50). Ma quanto più era ardua, tanto più la sua fede era preziosa agli occhi di Dio.
Come si vede, la sua “pienezza di grazia” coesisteva con una condizione di normalità, di semplicità, di umile impegno quotidiano che l’avvicina a noi.
* * *
“ Eccomi, sono la serva del Signore” (Lc 1,38). Maria pronuncia questa frase con tutto lo slancio del suo essere intatto e luminoso, con la candida passione di un cuore nemmeno sfiorato dall’egoismo. E sta qui la ragione della sua grandezza incomparabile e della sua soprannaturale bellezza.
“ Eccomi”. Non dice, come direbbe una femminista: “Io sono mia”; dice, come una donna davvero capace di amare: “Io sono tua”; e con questa parola incanta il cuore del suo Creatore. E incanta anche noi, che abbiamo la fortuna e la gioia di averla per madre: ce l’ha donata il Figlio suo dall’alto della croce, appunto perché fosse la nostra madre più vera e più amata.
“ Eccomi, io sono tua”, dice Maria: in questa donazione senza riserve c’è la fonte, oltre che della divina maternità, anche della sua universale fecondità nei confronti dell’intera famiglia umana; in questa offerta di tutta se stessa c’è al tempo stesso la premessa della gloria di questa “serva del Signore” che diviene così la regina dell’universo.
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“Avvenga di me secondo la tua parola” (Lc 1,38). “Non le molte inutili parole umane, ma la tua parola, o Dio, sia la regola e l’ispirazione della mia vita”: così prega la Madonna nella sua coscienza immacolata; una preghiera che si è poi puntualmente inverata in ogni stagione della sua vita. E’ costantemente attenta alla parola del Signore e ai “segni” della divina volontà che a mano a mano le si rivelavano: “Serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore”, annota di lei ripetutamente l’evangelista Luca (Lc 2,19.51).
Singolarmente attenta alla parola di Dio, per questo Maria non è prodiga di parole sue: è silenziosa sul Calvario, è silenziosa nell’immensa allegrezza della Pasqua, è silenziosa durante l’esperienza pentecostale dell’effusione dello Spirito. E se parla a Cana di Galilea, parla per far convergere l’attenzione non su di sé ma su Gesù, il solo da cui dobbiamo attendere ogni salvezza e ogni dono. Non dice: “Fate quello che io vi dirò”; dice con animo colmo di fiducia e di affetto per il suo Figlio e Signore: “Fate quello che lui vi dirà” (Gv 2,5).
Ci insegni allora la Vergine Immacolata ad amare sopra ogni altro amore Gesù, l’unico necessario Redentore di tutti; ci insegni a ricercare nella fede la volontà del Padre e l’adesione al suo disegno provvidente; ci insegni a preferire il silenzio orante alle parole superficiali, insipide, vane, e a difenderci dalle ossessive abitudini pubblicitarie del mondo di oggi.