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Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad un progressivo ed inesorabile allontanamento da una posizione radicale in difesa della vita umana innocente verso una posizione sempre più sfumata e sempre meno ortodossa, soprattutto in seno ai movimenti pro-life italiani e a gran parte del mondo cattolico. Mantenere un atteggiamento fermo e deciso avrebbe significato infatti “perdere contatto” con il mondo e rinunciare alla seduzione del compromesso e del dialogo.
I “successi” ottenuti dalla cultura antivita dominante sono in parte da attribuire alla scarsa ed inconsistente opposizione dei “buoni” che, colludendo col nemico sui punti essenziali, hanno finito per spianargli la strada. Il recente via libera dell’Aifa all’introduzione nel mercato italiano della pillola abortiva Ru486 ha reso ancor più evidente e manifesta tale perversa tendenza.
Già da tempo l’“Avvenire”, il quotidiano dei vescovi italiani, ha dato prova di equilibrismo concettuale e dottrinale sul tema dell’aborto volontario, assumendo spesso posizioni ambigue e fin troppo concilianti. Sull’inserto di “Avvenire” intitolato E’ vita del 12 novembre è uscito uno sconcertante articolo dal titolo Sulla Ru486 ora l’Aifa risponda, in cui vengono poste all’Agenzia italiana del farmaco una serie di domande in merito all’attuazione del provvedimento che autorizza la distribuzione della Ru486. Le otto domande costituiscono forse il manifesto più evidente della deriva morale ed intellettuale in atto: in esse non c’è alcun riferimento al bambino, la vera vittima dell’aborto chimico, che non viene mai nemmeno nominato!
Tutti gli interrogativi ruotano intorno alla salvaguardia dell’integrità fisica della donna ed al rispetto di quella legge che da oltre trent’anni legittima l’uccisione volontaria di esseri umani innocenti ed indifesi. L’abominevole delitto descritto dal Catechismo diventa tale solamente quando la donna ne subisce le conseguenze fisiche o morali.
Il tentativo di occultamento del male operato dalle lobby abortiste ha probabilmente raggiunto l’obbiettivo fissato: della vittima non v’è più alcuna traccia.
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