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La notizia è stata sottovalutata, relegata nelle pagine interne dei giornali, ma l'approvazione in Senato del disegno di legge sullo sviluppo è una rivoluzione che ribalta 22 anni di storia, da quando cioè, nel 1987, in seguito ai risultati del referendum, l'Italia (unica tra le nazioni del mondo avanzato) decise di dismettere le centrali atomiche per produzione di energia elettrica. Ora la legge è fatta, e nel più breve tempo possibile il nostro paese sarà impegnato a costruire almeno 4 centrali nucleari, che andranno a coprire il 25% della produzione di energia elettrica nazionale. Il segnale è così forte che il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, ha dichiarato: «E' una legge storica», «per contrastare la crisi» e «per aiutare il paese e il sistema produttivo ad uscire dalle difficoltà avviando processi di competitività, modernizzazione ed efficienza che configureranno l'Italia del futuro».
Un dato è certo, almeno per quanto riguarda la produzione di energia elettrica: il nucleare, insieme all'utilizzo del carbone pulito, è la fonte su cui il mondo avanzato e quello in via di sviluppo stanno puntando. Sulla base della richiesta di energia, soprattutto da paesi come Cina, India, Brasile, Messico, Sud Corea, Egitto, Sudafrica, gli analisti hanno calcolato che entro il 2050 si prevede un raddoppio a livello mondiale del numero di impianti nucleari (da 441 a 882). Per questo motivo, gli Stati Uniti, la Francia, e il Giappone (paesi con il maggior numero di impianti) sono molto attivi nel proporre e siglare contratti.
Nonostante le continue e terrorizzanti campagne di discredito della fonte nucleare, secondo l'International Atomic Energy Agency (IAEA) attualmente sono in funzione nel pianeta Terra 441 impianti nucleari, 34 sono in fase di costruzione, 38 sono stati programmati, 100 pianificati e 200 proposti. In termini numerici gli Usa contano 104 impianti, seguiti dalla Francia (59), il Giappone (54), il Regno Unito (33), la Russia (30), la Germania (19), la Corea del Sud (19), l'India (14), l'Ucraina (13), i rimanenti sono sparsi per il mondo. La fonte nucleare fornisce a oggi il 16% dell'energia mondiale, il 34% di quella europea. 15 dei 27 membri dell'Europa hanno impianti nucleari. La Francia è il paese che ne ha di più, generando il 73% della sua elettricità. Dei 34 impianti in costruzione uno è in Argentina, due in Bulgaria, uno in Finlandia, uno in Francia, sei in India, dove ne sono stati progettati altri sette. Cinque in Cina, due dei quali a Taiwan, tre in costruzione in Corea del Sud. Uno in Giappone, uno in Pakistan ed uno in Iran. La Russia ne sta costruendo sette, due sono in costruzione in Ucraina, uno negli Stati Uniti. In termini progettuali la Cina conta di costruire almeno 60 impianti nucleari. Negli Stati Uniti le autorità federali stanno esaminando 12 domande di costruzione di nuovi reattori ultramoderni, e per l'anno prossimo ne attendono altre 15.
In termini di efficienza energetica è evidente che la fonte nucleare sbaraglia ogni concorrenza. Un solo grammo di combustibile nucleare produce l'equivalente energetico di tre tonnellate di carbone o 2700 litri di olio combustibile. Il calore prodotto bruciando un kg di legno produce appena una kWh di elettricità; bruciare un chilo di carbone ne produce tre, bruciare un chilo di petrolio ne produce quattro; ma un kg di uranio sottoposto a fissione nucleare di kWh ne produce 400.000. E se ben trattato attraverso le varie fasi nucleari, in totale può arrivare a produrne fino a 7 milioni. Pur considerando che la costruzione dell'impianto nucleare necessita di un investimento maggiore, l'altissimo rendimento del carburante si riflette immediatamente sui costi. Il costo del kWe è infatti di circa 3 centesimi di euro per il nucleare, 4 centesimi per il carbone, 7 per l'olio combustibile, 6 per il gas a ciclo combinato, 55 per il fotovoltaico, 11 per l'eolico.
Per quanto riguarda l'Italia, fino al 1980, anno di attivazione della centrale nucleare di Caorso, il nostro paese era all'avanguardia nel campo dell'energia nucleare per scopi civili. Nel 1966 eravamo il terzo produttore al mondo di energia elettrica di origine nucleare, con 3,9 miliardi di kWh annui. Poi, dopo il referendum del novembre 1987, è prevalsa la politica neo-malthusiana di verdi, comunisti e postcomunisti, contraria allo sviluppo, e il sistema energetico italiano è diventato il più costoso, il più instabile ed il più dipendente dagli idrocarburi dei paesi industrializzati. Al colmo del paradosso, l'Italia importa energia elettrica proprio dai paesi (Svizzera e Francia) che la producono con impianti nucleari. Si pensi che con il denaro speso ogni anno per importare energia elettrica da fonte nucleare l'Italia potrebbe costruire un impianto atomico.
Visto che centrali atomiche in Italia non ne poteva costruire, l'Enel ha acquistato impianti nucleari in Slovacchia, Romania, Spagna e Francia. In Slovacchia ha acquistato quattro impianti e due li ha in costruzione. In Romania gestirà due centrali atomiche in costruzione. In Spagna partecipa con Entesa, che possiede sette centrali. In Francia collabora nella costruzione dell'impianto di nuova generazione di Flamanville. Singolare scoprire che a costruire le centrali rumene è il Gruppo Ansaldo, che non ha mai lasciato andare il gruppo tecnico che aveva messo in piedi il nucleare italiano. Così, nel 2005, l'Ansaldo ha ricostituito la società che si occupa di nucleare.
Per questi motivi è evidente quanto importante sia l'impegno del parlamento e del governo nel riportare l'Italia nel club dei produttori di energia elettrica da nucleare. Per questo motivo già mercoledì 15 luglio, Fulvio Conti, amministratore delegato dell'Enel, ha rivelato di aver già identificato i siti dove verranno costruite le quattro centrali nucleari italiane.
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