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Per puro caso - veramente per puro caso - ho visto I due papi, il film uscito di recente su Netflix, e che è pubblicizzato anche da un maxi-cartellone in via della Conciliazione a Roma. Il film tratta del rapporto fra Ratzinger e Bergoglio; da prima dei due conclavi - quello del 2005 e quello del 2013 - fino all'elezione di Bergoglio stesso.
Ho trovato che da un punto di vista semplicemente visivo la scelta dell'attore che ha impersonato Bergoglio sia stata felice: fisicamente i due si assomigliano. Non altrettanto felice la scelta di Ratzinger. E per il resto, non andrei a rivederlo, a meno che non mi pagassero profumatamente. E anche in quel caso ci penserei un paio di volte...
Per essere sincero, ai limiti della brutalità, mi è sembrato un polpettone mieloso. L'impressione è che siamo davanti a un'opera messa in piedi per fornire una specie di "investitura" di natura provvidenziale a quello che si sta rivelando come uno dei pontificati più divisivi [...] della lunga e travagliata storia della Chiesa.
INVENZIONE PURA
Il film propone l'idea che esistesse, e forse esista ancora, parecchia amicizia e familiarità fra i due. Ora, questa idea non è fondata su niente di storico o di verificabile. Anzi: sappiamo della delusione di Bergoglio quando Roma e la Congregazione per la Dottrina della Fede gli bocciavano la candidatura del suo teologo favorito, quello del guariscimi con un bacio, Tucho Fernandez, che adesso è vescovo a La Plata, dopo l'ottimo mons. Aguer, mandato ovviamente via non appena ha compiuto 75 anni. Quindi, dove gli autori abbiano preso l'idea che Ratzinger e Bergoglio fossero amici, non è dato di sapere. E probabilmente non è vero.
Come suonano false un sacco di altre cose. Vediamo Benedetto che suona il pianoforte per il cardinale Bergoglio, e gli parla dei Beatles, e di Abbey Road. Vediamo i due che vanno a sedersi nella Sistina e Benedetto si fa confessare da Bergoglio. Gli confida che vuole dimettersi. Gli predice che lui, Bergoglio, sarà papa e che la Chiesa ha bisogno che lui la rinnovi. Lo accompagna nel cortile Vaticano dove una berlina attende il cardinale, e di fronte a tutti Bergoglio gli prende le mani e comincia a insegnargli il tango... Vi sembra plausibile, anche nel regno del surreale e della metafora?
E poi, profeticamente: è stato usato come sottofondo Bella ciao. In un punto è stata arrangiata come una specie di canto gregoriano. Ma non solo. Benedetto se non ho capito male, parlando del suo rapporto con Cristo, dice a Bergoglio di aver riconosciuto nelle sue parole (di Bergoglio) la voce di Gesù... E va be'...
IL VERO PROBLEMA
Il problema però, al di là delle qualità estetiche e artistiche dell'opera, risiede nella veridicità dei messaggi che trasmette a un pubblico certamente in gran parte non abbastanza al corrente per esercitare un controllo sulla veridicità dei contenuti. Vi citiamo a mo' di esempio qualche riga di una recensione: "Fernando Meirelles sicuramente ha scelto un cammino semplificato, poco spinoso e critico per raccontare la storia di questo incontro papale, cimentandosi in quella che si può tranquillamente considerare come un'agiografia semplicistica di due Papi che hanno avuto problemi considerevoli con la propria leadership, il primo bramandola fortemente e dovendoci rinunciare, il secondo ottenendola senza averla mai cercata". E qui abbiamo un capovolgimento totale della realtà. Il "primo" sarebbe Ratzinger; e di sicuro se c'è qualcuno che non ha voluto diventare papa (stava organizzando, finalmente, la sua pensione, nel rifugio dei Castelli...) è proprio lui. [...]
Ma se il recensore, che non è certamente un esperto di cose vaticane, questo ha percepito, lo stesso accadrà agli ignari spettatori. E una grande menzogna diventerà verità per il volgo.
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