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Anthony Fisher, arcivescovo di Sydney, ha utilizzato i social media per criticare il vaccino in fase di sviluppo all'Università di Oxford, dicendo che «fa uso di una linea cellulare coltivata da un feto umano abortito elettivamente». Il vaccino, considerato tra i primi nella corsa globale per combattere il COVID-19, è stato sviluppato da una linea cellulare renale (HEK-293) prelevata da un feto abortito, una pratica comune nella ricerca medica. La scorsa settimana il governo australiano ha firmato un accordo con la società farmaceutica britannica AstraZeneca per garantire 25 milioni di dosi del potenziale vaccino COVID-19 se questo supererà i test.
«Che questo vaccino abbia successo o meno, è importante che il governo non crei un dilemma etico per le persone», ha scritto su Facebook l'arcivescovo Fisher. Poi ha aggiunto di aver scritto al primo ministro, Scott Morrison, esortandolo a perseguire vaccini alternativi che «non utilizzino cellule fetali nel loro sviluppo». Morrison ha precedentemente affermato che il governo non stava limitando la sua ricerca di un vaccino solo all'Università di Oxford.
Il vice direttore della sanità, Nick Coatsworth, ha rassicurato riguardo eventuali preoccupazioni morali. «Penso che possiamo avere piena fiducia che il modo in cui hanno prodotto il vaccino sia stato con i più alti standard etici a livello internazionale», ha affermato. Il tesoriere federale Jim Chalmers ha detto che le persone «stanno scaldando gli animi senza motivo», poiché il vaccino era ancora in fase di prova. «La mia opinione personale è che se e quando un vaccino è disponibile e viene immesso nel mercato, allora quante più persone possibile dovrebbero essere vaccinate», ha detto all'ABC. «Lo dico da cattolico che questo è il miglior risultato per l'Australia perché il vaccino è davvero ciò che ci porterà in salvo».
Il premio Nobel e immunologo professor Peter Doherty ha detto che a suo avviso, il processo è stato etico. «È una linea cellulare consolidata utilizzata in molte applicazioni», ha detto. «Se l'Arcivescovo lo trova discutibile, è suo perfetto diritto dirlo ed è nostro diritto perfetto non prenderlo assolutamente in considerazione», ha detto. Il professor Colin Pouton, del Monash Institute of Pharmaceutical Sciences, ha affermato che la cellula HEK-293 è stata regolarmente utilizzata nella ricerca medica «per creare prodotti vettoriali virali» perché ci sono vantaggi nell'utilizzo di cellule di mammifero, aggiungendo che questa linea cellulare è stata sviluppata decenni fa ed è stata ampiamente utilizzata in tutto il mondo. «Non è che la gente stia usando una nuova linea cellulare. È già lì, quindi per molti aspetti la questione etica è cosa passata».
Altri vaccini in Australia utilizzano le «linee cellulari diploidi umane» di WI-38 e MRC-5, che sono originariamente derivate da tessuto fetale umano. Questi includono i vaccini contro la rosolia, l'epatite A e la rabbia, tra gli altri.
Questa è la prassi ed è giusto che tutti sappiano che i feti umani vengono sacrificati. Il «dilemma etico», come rilevato dall'arcivescovo di Sidney, è evidente. [...]
Nota di BastaBugie: per quanto riguarda in generale l'argomento dei vaccini si possono leggere gli articoli che abbiamo pubblicato in questi anni, clicca qui!
Invece per quanto riguarda lo specifico tema dei vaccini prodotti attraverso feti abortiti, l'autore del precedente articolo, Paolo Gulisano, in un articolo dal titolo "Vaccini prodotti attraverso feti abortiti" ricorda la posizione della Pontificia Accademia per la Vita che nel 2005 si pronunciò sui vaccini ricavati da cellule fetali con un documento con il quale concludeva che è eticamente inammissibile utilizzare tali vaccini.
Ecco un estratto significativo dell'articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 5 marzo 2019:
Se ne discute da molto tempo, ma molti continuano a non sapere: è la questione dei vaccini prodotti attraverso feti abortiti. Una questione che potrebbe e dovrebbe interrogare le coscienze dei cattolici, e non solo loro. Una realtà a volte negata, ora semplicemente minimizzata. In fondo - dice qualcuno - per ottenere le linee cellulari necessarie per produrre vaccini come quello contro Morbillo, Parotite, Rosolia e Varicella o contro l'Epatite A sono stati sufficienti due feti abortiti, due feti sani, ovviamente, e quindi esito di interruzioni volontarie di gravidanza.
Due bambini mai nati. Una femmina svedese abortita nel 1962 e un maschietto inglese nel 1966. Dai loro polmoni sono stati estratti fibroblasti (cellule del tessuto connettivo) che hanno composto le linee cellulari WI-38 e MRC-5, tuttora utilizzate. Sono i terreni di coltura che rendono i virus adatti a essere inseriti nei vaccini. Solo due, dicono i giustificazionisti, anche se a detta degli stessi ricercatori dedicati ai vaccini sono servite decine di altre piccole vittime per arrivare a queste due linee cellulari, vite umane sacrificate in nome di un imperativo tecnologico, giustificato dal fatto che questi vaccini possano salvare altre vite. Ma il fine non giustifica mai i mezzi.
La gran parte delle persone ignora questa realtà, tra cui i genitori che portano i bambini a vaccinare, e anche molti operatori. La ignora anche il mondo cattolico, che tace.
Eppure, non trattandosi di evidenze recenti, ma ormai consolidate, la Chiesa ebbe modo già anni fa di pronunciarsi autorevolmente. La Pontificia Accademia per la vita, istituita da san Giovanni Paolo II nel 1994, si pronunciò sui vaccini ricavati da cellule fetali con un documento del 2005. Il documento illustrava correttamente e in modo documentato come fossero state prodotte quelle linee cellulari, stigmatizzandone l'uso. Il documento dell'Accademia per la Vita parlava "di vera e illecita cooperazione al male", e invitava i cittadini ad opporsi con l'obiezione di coscienza, e a fare pressioni sulle aziende perché progettassero linee cellulari alternative e chiedendo "un controllo legale rigoroso".
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