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X FACTOR 2020: SPOPOLA IL CONCORRENTE GENDERQUEER, NE' MASCHIO NE' FEMMINA
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): teoria gender nell'agenda della von der Leyen, lezioni gender obbligatorie in Scozia, Avvenire sbarca al Gay Pride
di Chiara Chiessi

Ormai, come dicevamo anche in articoli precedenti, l' "avanguardia" del gender è la fluidità: non si è più né maschi né femmine, ma "qualcosa" che sta in mezzo e che fluttua tra i due diversi sessi.
È il caso del nuovo concorrente di X Factor di quest'anno, il giovane 21enne di Livorno, in arte Blue Phelix, ragazzo che si definisce "non binario" e che nei suoi account social rende esplicita questa sua condizione con l'uso dei tre pronomi "He/She/They".
In un suo video di presentazione, l'artista dice: "Non ho mai capito perché la gente non apprezzi gli uomini vestiti con una gonna", i vestiti non hanno identità di genere. Sono pezzi di tessuto. Quando io mi metto un vestito mi sento sicuro di me, mi sento libero e bello. Ho iniziato a fare video su TikTok qualche mese fa, faccio vedere che io esisto. Esisto in questo mondo. Magari non sono come la maggior parte delle persone, ma sono qui. Prima di trasferirmi a Londra avevo paura di far vedere chi fossi veramente. A Londra mi sono reso conto di quello che voglio essere e quello che voglio fare, mi ha aiutato ad esprimere quella parte che era stata repressa. Non possiamo essere influenzati dal giudizio esterno, perché che vita fai? Cosa me ne frega? Niente".
Uno dei giudici ha così commentato dopo aver ascoltato la canzone del giovane: "Davanti a me vedo una bellissima persona con una bellissima storia da raccontare, e con una battaglia che penso tu abbia già vinto", ha detto Emma Marrone. "Ma credo che tu possa batterti per gli altri, perché in questo Paese c'è bisogno di chi ci metta la faccia".
Ovviamente lodi sperticate e battiti di mani alla condizione fuori da ogni logica e buonsenso dell'artista, che non si definisce né maschio né femmina, ma non-binario, ovvero il suo genere sfugge alla binarietà maschile /femminile.
Il danno più grave di queste affermazioni pubbliche è che si influenzano tantissimi ragazzi che seguono sui social quest'artista, e che dunque cresceranno con l'idea che ognuno può decidere quello che è a seconda di ciò che si sente.
Ormai, come dicevamo anche in articoli precedenti, l' "avanguardia" del gender è la fluidità: non si è più né maschi né femmine, ma "qualcosa" che sta in mezzo e che fluttua tra i due diversi sessi.
È il caso del nuovo concorrente di X Factor di quest'anno, il giovane 21enne di Livorno, in arte Blue Phelix, ragazzo che si definisce "non binario" e che nei suoi account social rende esplicita questa sua condizione con l'uso dei tre pronomi "He/She/They".
In un suo video di presentazione, l'artista dice: "Non ho mai capito perché la gente non apprezzi gli uomini vestiti con una gonna", i vestiti non hanno identità di genere. Sono pezzi di tessuto. Quando io mi metto un vestito mi sento sicuro di me, mi sento libero e bello. Ho iniziato a fare video su TikTok qualche mese fa, faccio vedere che io esisto. Esisto in questo mondo. Magari non sono come la maggior parte delle persone, ma sono qui. Prima di trasferirmi a Londra avevo paura di far vedere chi fossi veramente. A Londra mi sono reso conto di quello che voglio essere e quello che voglio fare, mi ha aiutato ad esprimere quella parte che era stata repressa. Non possiamo essere influenzati dal giudizio esterno, perché che vita fai? Cosa me ne frega? Niente".
Uno dei giudici ha così commentato dopo aver ascoltato la canzone del giovane: "Davanti a me vedo una bellissima persona con una bellissima storia da raccontare, e con una battaglia che penso tu abbia già vinto", ha detto Emma Marrone. "Ma credo che tu possa batterti per gli altri, perché in questo Paese c'è bisogno di chi ci metta la faccia".
Ovviamente lodi sperticate e battiti di mani alla condizione fuori da ogni logica e buonsenso dell'artista, che non si definisce né maschio né femmina, ma non-binario, ovvero il suo genere sfugge alla binarietà maschile /femminile.
Il danno più grave di queste affermazioni pubbliche è che si influenzano tantissimi ragazzi che seguono sui social quest'artista, e che dunque cresceranno con l'idea che ognuno può decidere quello che è a seconda di ciò che si sente.

Nota di BastaBugie: ecco altre notizie sul "gaio" mondo gay... sempre meno gaio.

TEORIA GENDER NELL'AGENDA DELLA VON DER LEYEN
Primo discorso sullo stato dell'Unione all'Europarlamento della presidente Ursula von der Leyen: «Proporremo di allungare la lista dei crimini di incitamento all'odio, sia che si tratti di matrice razziale, di genere o di orientamento sessuale, l'odio non va tollerato. Essere se stessi non è la vostra ideologia, è la vostra identità e nessuno potrà mai rubarvela».
E dopo questo incoraggiamento a varare leggi sulla cosiddetta omofobia ecco un'altra proposta gay friendly: la richiesta del «mutuo riconoscimento dello status familiare perché se si è genitore in un Paese, si è genitore in ogni Paese». Dunque l'omogenitorialità diverrà transfrontaliera.
Un'altra prova che le priorità nell'agenda europea sono dettate anche e soprattutto dalla lobby LGBT.
(Gender Watch News, 18 settembre 2020)

LEZIONI GENDER OBBLIGATORIE IN SCOZIA
Entro maggio 2021 in tutte le scuole pubbliche scozzesi diventeranno obbligatorie alcune lezioni LGBT. Si parlerà di terminologia arcobaleno, della "omofobia-bifobia-transfobia", della storia del movimento LGBT e di molto altro.
Il progetto a forti tinte ideologiche era già stato approvato nel 2018. Allora il Vicepremier John Swinney aveva dichiarato: «La Scozia è già considerata uno dei paesi più progressisti in Europa per l'uguaglianza LGBT. Sono lieto di annunciare che saremo il primo Paese al mondo ad avere un'istruzione inclusiva LGBT incorporata nel curriculum. Il nostro sistema educativo deve supportare tutti a raggiungere il loro pieno potenziale. Per questo motivo è fondamentale che il curriculum sia tanto vario quanto i giovani che imparano nelle nostre scuole. Le raccomandazioni accettate non solo miglioreranno l'esperienza di apprendimento dei nostri giovani LGBT, ma sosterranno anche tutti gli studenti a celebrare le loro differenze, promuovere la comprensione e incoraggiare l'inclusione».
È la prima volta al mondo che un governo impone lezioni gender su tutto il proprio territorio nazionale. Si passa così dal divieto di discriminare all'obbligo di abbracciare l'ideologia gender.
(Gender Watch News, 17 settembre 2020)

AVVENIRE SBARCA AL GAY PRIDE
Bisogna essere onesti: date le premesse e il processo avviato negli ultimi anni era solo questione di tempo. Ed ecco che finalmente Avvenire, giornale della Conferenza Episcopale Italiana, sbarca tra gli applausi in una manifestazione del Gay Pride. Succederà domani, 11 settembre, a Padova, "grande chiusura" del Padova Pride Village, definita come la più grande manifestazione gay in Italia: per tutta l'estate «musica, concerti ed eventi culturali all'insegna del divertimento e dell'affermazione dei diritti civili».
E domani sera a divertire il pubblico del Village non poteva esserci che lui: Luciano Moia, il giornalista di Avvenire che da anni si batte strenuamente per promuovere la causa gay all'interno della Chiesa. Da parte del Padova Pride è una sorta di dovuto ringraziamento per la sua attività, ed è invitato a parlare dunque di "Chiesa e omosessualità", che è anche il titolo del libro appena pubblicato da Moia; ma è anche il riconoscimento ormai di una amicizia e di una alleanza, visto che fondatore e grande regista del Padova Pride Village, giunto alla XIII edizione è Alessandro Zan, il deputato del PD che ha dato il nome al disegno di legge contro l'omofobia, attualmente in discussione alla Camera, che vorrebbe chiudere la bocca per legge a chiunque non accetti il verbo omosessualista.
Zan infatti ha avuto il privilegio di una lunga intervista su Avvenire all'indomani della Nota della presidenza CEI che bocciava proprio il suo ddl. Intervista "in ginocchio", tesa a rassicurare la CEI, ovviamente firmata da Moia. Insomma, uno scambio di cortesie che loro chiamano "dialogo", ma che l'allora cardinale Ratzinger nel lontano 1986, da prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, descrisse in un modo ben diverso: «Un numero sempre più vasto di persone, anche all'interno della Chiesa, esercitano una fortissima pressione per portarla ad accettare la condizione omosessuale, come se non fosse disordinata, e a legittimare gli atti omosessuali. Quelli che, all'interno della comunità di fede, spingono in questa direzione, hanno sovente stretti legami con coloro che agiscono al di fuori di essa. Ora questi gruppi esterni sono mossi da una visione opposta alla verità sulla persona umana, che ci è stata pienamente rivelata nel mistero di Cristo» (cfr. Nota sulla cura delle persone omosessuali, no.8).
Dato l'evento in questione e il ruolo che gioca Moia all'interno di Avvenire, è chiaro che la sua presenza al Padova Pride Village non può essere a titolo personale, cosa peraltro confermata dal fatto che sul palco tra l'aperitivo e la cena avrà una compagnia pesante. A fargli da spalla è annunciato infatti nientepopodimeno che il rettore del seminario vescovile di Padova, monsignor Giampaolo Dianin, il che ci fa nascere anche qualche domanda sui criteri di ammissione a quel seminario (che per le leggi della Chiesa dovrebbe essere negata a candidati con radicate tendenze omosessuali).
Abbiamo dunque presente nella più importante manifestazione italiana dell'orgoglio gay i rappresentanti della Chiesa istituzionale, che ovviamente si batteranno il petto per le ingiuste discriminazioni a cui la Chiesa cattolica ha per tanto tempo costretto le persone omosessuali; ma ora, finalmente, con la Chiesa di Francesco tutto è cambiato e anche l'omosessualità (non solo le persone con questa tendenza) va vista in una prospettiva nuova, positiva. Insomma, più o meno quello che Avvenire dice ormai apertamente da un bel po'.
Malgrado ciò la presenza di Avvenire (e della diocesi di Padova) a una manifestazione gay di questo genere non può non suscitare pesanti interrogativi. Non stiamo infatti parlando di un luogo dove si incontrano semplicemente delle persone che vivono la condizione omosessuale e che cercano un aiuto, ma siamo nel cuore di un movimento che fa dell'orgoglio gay la propria bandiera, e lo esprime in modi estremi e molto spesso blasfemi (anche per il Padova Pride Village è possibile vedere una gallery fotografica molto eloquente). Curiosamente lo stesso Moia, pur difendendo la necessità del "dialogo" tempo fa metteva in risalto «quello che succede, purtroppo anche sguaiatamente e in modo urtante e persino offensivo per la religione, durante le manifestazioni del cosiddetto "orgoglio omosessuale" che punteggiano nostro malgrado l'estate italiana». Era il 20 luglio 2018; ora le manifestazioni «sguaiate e offensive per la religione» proseguono ma evidentemente non sono più un problema.
Registriamo dunque questo nuovo passo nella trionfale marcia catto-gay, in attesa dei prossimi, e registriamo ancora una volta il silenzio dei vescovi davanti a questa deriva che stravolge il magistero e punta esplicitamente a cambiare la dottrina della Chiesa in materia di sessualità e morale. Si potrebbe obiettare che Avvenire dipende direttamente dalla presidenza della CEI e che quindi altri vescovi non hanno voce in capitolo. Non è però esattamente così: c'è ovviamente una responsabilità diretta della CEI (e chissà a cosa sta pensando il presidente, cardinale Gualtiero Bassetti) - ma per esperienza diretta posso assicurare che quando un vescovo - anche della più piccola diocesi - vuole fare pubblicità alla propria iniziativa diocesana - che sia la lettera pastorale o un convegno - allora si ricorda benissimo di essere uno dei "proprietari" di Avvenire e lo fa pesare.
Restiamo dunque fiduciosi in attesa che qualcuno di questi pastori si alzi a dire "Non in mio nome", che difenda anzitutto «la verità della persona umana», come diceva Ratzinger, e non la propria cattedra episcopale.
(Riccardo Cascioli, La Nuova Bussola Quotidiana, 10 settembre 2020)

 
Titolo originale: X Factor 2020: concorrente genderqueer
Fonte: Osservatorio Gender, 20 settembre 2020