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Il 29 dicembre è caduto l'850° anniversario del martirio del primate cattolico d'Inghilterra san Tommaso Becket (1118-1170), ucciso per essersi opposto al tentativo di re Enrico II Plantageneto (1133-1189) di piegare la Chiesa allo Stato. Un evento importantissimo, ma che d'acchito ha ben poco a che fare con un Paese "protestante" come gli Stati Uniti d'America e soprattutto con la Casa Bianca.
Apparentemente. Di quell'anniversario, infatti, il presidente protestante Donald J. Trump ha fatto un proclama al Paese e al mondo. Perché, san Becket, ha scritto Trump ufficialmente il 28 dalla Casa Bianca, ha anticipato la madre di tutte le libertà politiche, ovvero la Magna Carta Libertatum del 1215 (che anche per gli Stati Uniti resta un "vincolo" culturale fortissimo), tanto quanto la libertà religiosa come primo diritto politico dei cittadini statunitensi, sancita dal Primo emendamento (1791) alla Costituzione federale del 1789.
Già questo incipit, in cui brillano per assenza i richiami a illuminismi e dichiarazioni universali, è spumeggiante. Il presidente del Paese più importante e influente del mondo in sostanza dice che tutto il costituzionalismo anglo-americano, faro di democrazia autentica (perché alternativa al modello illuministico-giacobino), trova ratio in quella libertà religiosa la cui fonte è il martirio di un santo cattolico.
E se spumeggiante è l'abbrivio, il prosieguo è stupefacente. Trump narra infatti la vita di san Becket come critica all'arroganza con cui il potere cerca di azzannare la no-flight zone garantita all'uomo e alla società dalla Chiesa. Con parole non troppo sorprendenti se venissero da un Pontefice, ma clamorose dalla bocca di un capo di Stato, persino protestante, Trump s'identifica nel pensiero di Tommaso: «Dio è il governante supremo, superiore ai re», «si deve obbedire a Dio piuttosto che agli uomini».
Fu così, rievoca Trump, che «i cavalieri del re risposero, cavalcando fino alla cattedrale di Canterbury per consegnare a Tommaso Becket l'ultimatum: cedi alle richieste del sovrano oppure morirai». E, solenne, quasi scandendo le parole con la penna, continua il presidente degli Stati Uniti: «La replica di Tommaso riecheggia in tutto il mondo e lungo tutte le epoche. Le sue ultime parole su questa Terra furono: "Per il nome di Gesù e a protezione della Chiesa sono pronto ad abbracciare la morte". Avvolto nei paramenti sacri, Tommaso venne abbattuto là dove ancora si trovava, dentro le mura della sua stessa chiesa». T.S. Eliot (1888-1965) ha cristallizzato queste scene nel meraviglioso Assassinio nella cattedrale (1935).
TOMMASO BECKET HA MUTATO IL CORSO DELLA STORIA
Secondo Trump «il martirio di Tommaso Becket ha mutato il corso della storia». È da lì che nascono il governo temperato e i ceppi allo Stato che le costituzioni sono scritte per attuare. Di più. Il superamento delle "guerre di religione" e dei "nazionalismi religiosi" con cui gli Stati-nazione hanno inaugurato la modernità politica (e fatto guerra al Sacro Romano Impero) è già tutto inscritto nel martiro di un arcivescovo medioevale. Come se il conflitto centrale nella modernità fosse già risolto all'origine, come se non nella fuga secolarista in avanti, bensì nella vera fede di sempre fosse la chiave anche dell'oggi.
Il presidente Trump si assume evidentemente la responsabilità, culturale e politica, di affermare che lo strumento sia la libertà religiosa garantita nel Nuovo Mondo attraverso la Costituzione statunitense, ma l'affermazione del presidente del Paese più importante e influente del mondo secondo cui la soluzione del conflitto Stato-Chiesa è il ritorno alla "sovranità medioevale" di Dio è una notizia che in un mondo minimamente normale avrebbe bucato i teleschermi. Del resto così Trump si accoda a quella ricca schiera di ermeneuti conservatori delle istituzioni statunitensi che non hanno mai inteso la libertà religiosa come il diritto relativistico all'errore, bensì come il diritto cristiano alla verità per tutti.
La morte di san Becket, sentenzia ancora Trump, ricorda a tutti i cittadini americani come la loro libertà religiosa non sia «né un mero lusso né un accidente storico, bensì un elemento essenziale della nostra libertà» stessa, «il nostro tesoro inestimabile e il nostro retaggio», una libertà «acquistata a prezzo del sangue di martiri». Gli americani, spiega la Casa Bianca, hanno cioè la propria ragion d'essere nella massima «ribellarsi ai tiranni è obbedire a Dio», e questo è lo stesso principio evocato il 6 giugno 2017 in piazza Krasiński a Varsavia, allorché Trump ricordò che «la gente negli Stati Uniti e la gente nel mondo ancora grida: "Noi vogliamo Dio"».
TRUMP HA SCRITTO LA STORIA
È questa, glossa il presidente, la spiegazione del perché gli Stati Uniti si oppongano ai meccanismi sovranazionali che «attaccano la sovranità di quei Paesi che vogliono proteggere la vita innocente in base a quel medesimo credo nutrito dagli Stati Uniti e da altri secondo cui ogni bambino - nato o non ancora nato - è dono sacro di Dio», e pongano la libertà religiosa come «[...] pilastro centrale della [propria] diplomazia».
Dopo avere ricordato nella preghiera le testimonianze del cardinal Joseph Zen di Hong Kong e del pastore Wang Yi di Chengdu, Trump sottolinea infine che «il dispotismo e l'omicidio che sconvolsero la coscienza del Medioevo non dovranno essere mai più consentiti», giacché «una società senza religione non può prosperare» e «un Paese senza fede non può durare». Infatti «giustizia, bontà e pace non possono prevalere senza la grazia di Dio».
Per tutto questo Trump ha ordinato che la memoria di san Tommaso Becket fosse, il 29, osservata pubblicamente nei modi appropriati. Ma che senso ha questo, con le mille cose di cui il presidente uscente si deve occupare, con tutti i problemi cui deve badare, con una transizione ancora in alto mare e con elezioni (al Senato) ancora aperte?
Mentre il mondo nemmeno se ne accorgeva, mentre le tivù ne ritrasmettevano ancora gaffe e smorfie, mentre di lui ci si ostina a voler conoscere sempre e solo il volto carnevalesco, Trump ha scritto la storia. Ci vorranno libri interi per spiegare adeguatamente il senso di tutto questo, tanto è ricca l'iniziativa di tornare a collegare l'altra faccia non ideocratica del moderno nientemeno che alla fede cattolica del Medioevo. Per oggi ci resta un Trump stupor mundi che fa quello che nessun altro ha il coraggio di fare, men che meno chi gli succederà, il "cattolico" Joe Biden.
Nota di BastaBugie: per approfondire la storia di San Tommaso Becket puoi leggerla nell'articolo seguente dal titolo "San Tommaso Becket" dove si racconta la vita fino al momento culminante del martirio per difendere la libertà della Chiesa, senza cedere a compromessi con il potere.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 29 dicembre 2020:
Per buona parte della sua vita era stato un uomo di mondo. Ma quando Dio lo chiamò a essere pastore di anime, san Tommaso Becket (c. 1119-1170) si batté fino al martirio per difendere la libertà della Chiesa, senza cedere a compromessi con il potere.
Nacque a Londra da genitori originari della Normandia. Si formò studiando le discipline del trivio e del quadrivio. L'arcivescovo di Canterbury Teobaldo di Bec gli affidò importanti missioni a Roma, gli fece studiare diritto canonico a Bologna e Auxerre e alcuni anni dopo, nel 1154, lo nominò arcidiacono di Canterbury. Vista l'efficienza del suo collaboratore, Teobaldo lo consigliò a Enrico II per il posto vacante di lord cancelliere, incarico che Tommaso ottenne nel gennaio 1155.
Da cancelliere assecondò l'opera di riforma del sovrano, che era volta a ristabilire l'autorità monarchica (indebolita dal predecessore di Enrico II) limitando l'indipendenza dei proprietari terrieri. Da braccio destro del re, Tommaso si attirò anche le critiche di religiosi e fu accusato di trascurare i suoi doveri di arcidiacono. Alla morte di Teobaldo, per Enrico II fu naturale proporre Tommaso come nuovo arcivescovo di Canterbury, nella convinzione di continuare ad avere un sostegno alla propria politica. Ma il futuro santo stava già cambiando e avvertì il sovrano: «Se Dio mi permettesse di essere arcivescovo di Canterbury, perderei la benevolenza di vostra maestà e l'affetto di cui mi onorate si trasformerebbe in odio, giacché diverse vostre azioni volte a pregiudicare i diritti della Chiesa mi fanno temere che un giorno potreste chiedermi qualcosa che non potrei accettare». Alla fine, solo l'intervento del nunzio apostolico convinse Tommaso a divenire arcivescovo. Fu consacrato il 3 giugno 1162.
Il cambiamento fu totale. La frugalità nei pasti, la preghiera, la lettura della Bibbia, la carità a poveri e ammalati accompagnarono le sue giornate. Presto emerse lo scontro che aveva predetto. Enrico II cercò di influenzare altri vescovi inglesi e propose l'approvazione di alcuni diritti reali che avrebbero limitato la libertà della Chiesa, i cui membri furono invitati a giurare di obbedire ai «costumi del reame». Dopo un tira e molla che si protrasse per mesi si arrivò alle Costituzioni di Clarendon, con le quali il re estendeva la sua giurisdizione all'ambito ecclesiastico e pretendeva di dover dare la sua approvazione alle nomine più importanti nella Chiesa. Tommaso, riflettendo sulle conseguenze di quelle norme, fu di fatto il solo a opporre una ferma resistenza. Venne quindi processato per oltraggio al re. Riuscì a fuggire in Francia, dove visse in esilio per sei anni. Mentre Enrico emanava editti contro di lui, Becket ottenne il sostegno di papa Alessandro III.
I delegati papali riuscirono a trovare un accordo con il re per il ritorno di Tommaso dall'esilio, ma quest'ultimo già immaginava quale sarebbe stata la sua sorte: «Sono tornato per morire in mezzo a voi», disse ai fedeli. Il contrasto con la corte si riacuì nel giro di poche settimane. Sebbene permanga il dubbio sulle parole esatte pronunciate da Enrico II («Chi mi libererà da questo prete turbolento?», è la versione più comune), quattro cavalieri le interpretarono come un invito all'eliminazione fisica dell'arcivescovo. Perciò lo raggiunsero nella cattedrale e lo uccisero di spada (il fatto ha ispirato il dramma Assassinio nella cattedrale di Eliot) all'ora dei Vespri del 29 dicembre 1170: «Per il nome di Gesù e la protezione della Chiesa, sono pronto ad abbracciare la morte», furono le ultime parole di Tommaso. La sua tomba divenne in breve uno dei maggiori luoghi di pellegrinaggio dell'Inghilterra e pure Enrico II vi si recò, umiliandosi con una pubblica penitenza. I quattro cavalieri furono presto scomunicati da Alessandro III. Ma mostrarono segni di pentimento e si recarono dal papa, che ordinò loro di servire per 14 anni in Terrasanta.
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