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Il profeta Isaia, nella prima lettura, assicura gli israeliti che erano in esilio, e che si erano smarriti di cuore, che il Signore era loro vicino e che sarebbe venuto a salvarli. Come segno della venuta del Salvatore, egli dice: «Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi» (Is 35,5). Venne realmente il tempo della loro liberazione, quando poterono rientrare nella loro patria, ma il segno degli occhi che si aprono e delle orecchie che si schiudono si realizzò pienamente solo con la venuta di Gesù, il vero Salvatore, Colui che ci libera dalla vera schiavitù che è quella del peccato.
Così, andando verso il mare di Galilea, Gesù operò un miracolo il cui significato era molto chiaro: Egli diede la parola e l’udito a un sordomuto che gli era stato condotto affinché Lui lo beneficasse. Gesù lo prese in disparte, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua e, guardando verso il cielo, disse: «“Effatà”, cioè: “Apriti!”. E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente» (Mc 7,34-35). La folla, ammirata per quel miracolo, disse: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti» (Mc 7,37).
Quel miracolo fu il segno atteso da molto tempo, il segno indicato dal profeta Isaia, che Dio «viene a salvarci» (Is 35,4). Dio ha mandato il suo Figlio a salvarci e a ridonarci l’eredità perduta. Il miracolo operato da Gesù voleva essere soprattutto un ammaestramento che, finalmente, era giunto il tempo della salvezza.
Lo stesso gesto operato da Gesù si ripete ogni volta che viene amministrato il Battesimo: il sacerdote traccia sulle orecchie e sulle labbra del battezzando il segno della croce, augurando al bambino che presto possa udire la Parola di Dio e proclamarla.
Il Vangelo di oggi è dunque un richiamo rivolto a tutti noi a ripensare agli impegni presi con il Battesimo e a rimanerne fedeli. Dobbiamo ascoltare la Parola di Dio, meditandola profondamente nel nostro cuore, e dobbiamo proclamarla con l’esempio della nostra vita e con la nostra parola franca e coraggiosa. Diversamente saremo come il sordomuto del Vangelo, sordo alla Parola di Dio e incapace di annunciarla ai fratelli.
Quanti sordomuti ci sono ai nostri giorni! Un po’ lo siamo tutti noi, noi che ogni domenica partecipiamo alla Messa: non meditiamo con amore questa Parola di salvezza e, praticamente, una volta usciti di chiesa, con il nostro comportamento, spesso diamo delle contro testimonianze. Anche noi dobbiamo essere condotti da Gesù, affinché operi per noi il miracolo di scuoterci dalla nostra desolante apatia.
Un Santo che ci è di grande insegnamento per quello che riguarda l’ascolto del Vangelo è certamente san Francesco d’Assisi. Egli desiderava ardentemente, non solo ascoltare la Parola del Signore, ma soprattutto metterla in pratica e proclamarla ai fratelli. Prima di tutto l’ascoltava. Un suo biografo testimonia come egli scolpiva indelebilmente nel suo cuore tutto quello che leggeva o ascoltava del Vangelo, al punto che la sua memoria aveva preso il posto dei libri (cf FF 689). Con l’affetto dell’amore egli riusciva a penetrare il senso profondo della Scrittura. Ogni giorno ascoltava con molta attenzione i brani della Scrittura durante la Messa; e, se non poteva parteciparvi a causa delle sue malattie, se li faceva leggere e non ne perdeva neppure una sillaba.
Egli voleva non soltanto ascoltare, ma anche vivere il Vangelo. Per cui, il suo biografo scrive che egli non era mai stato un ascoltatore sordo del Vangelo, ma, affidando alla sua memoria tutto quello che ascoltava, cercava con ogni diligenza di eseguirlo (cf FF 357). La sua aspirazione più alta, il suo più grande desiderio era di osservare perfettamente e sempre il Santo Vangelo (cf FF 466). In questo modo, egli era come una predica vivente; e, anche senza parlare, riusciva a condurre a Gesù Cristo tante anime smarrite.
Infine, san Francesco voleva proclamare la Parola di Dio in tutto il mondo. Per questo motivo, così egli diceva ai suoi fratelli: «So, fratelli carissimi, che il Signore ci ha chiamati non soltanto per la nostra salvezza. Voglio perciò che ci disperdiamo tra la gente e portiamo soccorso al mondo in pericolo mediante la Parola di Dio e gli esempi di virtù» (FF 2689).
Il Santo di Assisi non si riteneva amico di Cristo, se non amava le anime che Egli ha amato (cf FF 490). Per questo motivo egli andava incontro alle anime annunziando loro la Parola di salvezza. Di preferenza, egli si rivolgeva ai poveri e ai più abbandonati, memore delle parole che abbiamo ascoltato nella seconda lettura di oggi, che cioè Dio ha scelto i poveri agli occhi del mondo per farli ricchi nella fede ed eredi del Regno (cf Gc 2,5).
Sull’esempio di san Francesco cerchiamo anche noi di ascoltare, vivere e annunziare la Parola del Signore.
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