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È transessuale uno dei protagonisti degli spot (trasmessi da Mtv) della Regione Emilia Romagna per celebrare il sessantesimo anniversario della Costituzione. Al centro della campagna “Lei c’è, basta vederla”, realizzata dall’associazione culturale “Scomunicati”, cinque ritratti sulla pari dignità e uguaglianza davanti alla legge, sulla libertà e segretezza della corrispondenza, sulla libertà religiosa, sulla scuola aperta a tutti e sul lavoro. Nello spot, dedicato all’articolo tre, i promotori invocano la pari dignità dei “trans”. Silenzio assordante sui diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Un altro messaggio inquietante arriva dallo spot dedicato alla libertà religiosa: tutte le religioni sono uguali (quella cattolica, sullo sfondo, un po’ meno); la religione è un fatto individuale (ognuno nel video ha il suo altarino o il suo libro), la dimensione del popolo e della comunità non esiste.
«Ci chiediamo se in tempi di forte e trasversale preoccupazione educativa sia giusto proporre alle nuove generazioni un modello di vita che non tiene conto della famiglia e delle nostre radici cristiane – sottolinea il settimanale diocesano “Bologna Sette” –. È una domanda che la Regione si dovrebbe fare.
Perché famiglie e cattolici sono la maggioranza, anche tra la Via Emilia e il West». Il settimanale affida a Teresa Mazzoni, dirigente scolastico, il compito di esprimere una forte preoccupazione per l’iniziativa della Regione. «Quegli spot – sottolinea la Mazzoni – danno risposte interpretative chiuse, anguste, riduttive. Bisogna dire basta a questo relativismo in cui l’essere maschio e femmina sono appannaggio del libero arbitrio. Basta con l’omologazione capziosa di chi ci vuol fare credere che ogni religione è uguale all’altra, che è come dire che nessuna ha valore, senza ricordare che il cattolicesimo ha fondato la nostra cultura europea e italiana; di chi ci vuole ingannare, insinuando che la religione è un fatto privato, da vivere fuori dal contesto sociale, affettivo e lavorativo di ciascuno». Non possiamo più accettare, conclude la preside «l’inganno perpetrato ai danni dei nostri ragazzi ai quali offriamo sempre un oppiaceo orizzonte in cui tutto è possibile, tutto è uguale, tutto è un diritto».
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