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La prima lettura di oggi esprime la gioia degli ebrei deportati che ritornano dal loro esilio di Babilonia. Dopo tanti anni di lontananza dalla loro terra, essi ritornano nella gioia e percorrono al contrario quel cammino che in precedenza avevano fatto nel pianto e nel dolore. Il profeta Baruc esprime questa gioia con le seguenti parole: «Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell'afflizione, rivestiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre» (Bar 5,1). A queste parole fanno eco quelle del Salmo responsoriale, che così canta: «Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia. Nell'andare, se ne va piangendo, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con gioia, portando i suoi covoni» (Sal 125). Queste parole ispirate ci fanno comprendere che se il Signore permette un sacrificio è per donarci una gioia ancora più grande. Il tempo del sacrificio è simboleggiato dalla semina; quello della gioia dalla mietitura. Quanto più abbondante sarà stata la semina, tanto più copioso sarà il raccolto.
Possiamo, inoltre, fare un'altra considerazione: l'esilio in terra straniera simboleggia il peccato che ci allontana da Dio; il rimpatrio rappresenta il ritorno al Signore. Solo tornando a Dio con una sincera conversione potremo assaporare un'autentica gioia. L'esperienza di ogni giorno lo dimostra: con il peccato ci si illude di raggiungere la felicità, ma, in realtà, il nostro cuore si riempie di tristezza; con una buona Confessione, invece, ci si colma di consolazione.
Il Tempo di Avvento è il periodo propizio per realizzare questo ritorno a Dio. Giovanni Battista, nel brano del Vangelo, esorta tutti noi a preparare i nostri cuori all'incontro con il Signore. Il brano dell'evangelista Luca dice: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!» (3,4). Chi grida nel deserto rompe il silenzio, un silenzio che durava da troppo tempo. Giovanni, con la sua predicazione, indica a tutti la via da percorrere per tornare al Signore. Questa via è quella della penitenza e di una profonda conversione. Egli, infatti, dice: «Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate» (Lc 3,5). Queste vie tortuose da raddrizzare sono quelle del nostro cuore; questi burroni da riempire sono quelli dei nostri peccati; questi monti da abbassare sono quelli della nostra superbia. Se vogliamo accogliere il Signore che vuole venire nella nostra vita, dobbiamo operare questa profonda conversione interiore. Dobbiamo fare della nostra vita una via retta che va a Dio senza tortuosità o compromessi.
La conversione personale include anche l'impegno di lavorare per il bene dei fratelli. è questa la riflessione che scaturisce dalla seconda lettura di oggi. San Paolo, scrivendo ai Filippesi, prega che la loro carità diventi sempre più grande. Egli così scrive: «Prego che la vostra carità cresca sempre più [...] perché possiate essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo» (Fil 1,9-10).
La misura della nostra conversione sarà la carità fraterna. Se, al contrario, manchiamo di pazienza con il prossimo, chiudiamo il nostro cuore di fronte alle necessità dei nostri fratelli, sparliamo di loro dietro le spalle, o magari anche davanti, ci rallegriamo quando le cose vanno male a qualcuno, o magari ci rattristiamo quando tutto va a lui bene, dimostriamo di essere ancora lontani dal Signore e che le nostre vie sono ancora molto contorte.
All'ingresso della porta di una chiesa era riportata questa scritta: «Qui si entra per amare Dio e si esce per amare il prossimo». Sia questo il nostro programma, non solo per questo periodo di Avvento, ma per ogni giorno della nostra vita.
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