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Il Nobel per la Medicina a Robert Edwards consegna purtroppo ai nostri posteri una fotografia perfetta del tempo in cui viviamo. Un tempo che sarà ricordato in futuro come l'era di Erode, caratterizzata dalla sistematica, tecnologica, metodica eliminazione di milioni di esseri umani innocenti, sotto la protezione delle leggi degli stati e dietro il paravento ideologico della scienza e del progresso.
Uccisione degli innocenti consumata ogni giorno negli ospedali pubblici con l'aborto volontario, e uccisione del malato o dell'handicappato con l'eutanasia. Uccisione del difettoso individuato con le tecniche di diagnosi prenatale e con la benedizione della legge 194, e uccisione di embrioni prodotti in vitro e destinati a una morte quasi certa anche quando vengono trasferiti nel corpo della donna.
Robert Edwards è indubbiamente il campione di questa scienza e di questa medicina, che è esattamente antitetica alla medicina che anni fa veniva fondata in una piccola isola della Grecia da Ippocrate con il suo Giuramento. Una medicina che, pur nella spaventosa ignoranza dei complessi meccanismi della vita e della biologia, rifiutava aborto ed eutanasia, riconosceva la dignità di ogni paziente, accettava il limite costituito dal grande mistero della vita e della morte.
Poiché il Nobel rappresenta da anni questa orribile cultura della morte, è perfino giusto e logico che questo premio sia stato assegnato a Edwards, cioè all'artefice della applicazione di tecniche riproduttive inventate per mucche e scrofe. Questo Nobel è la risposta inequivocabile agli ingenui e gli idealisti, che da qualche anno sostengono che sarebbe in atto un cambiamento della mentalità dominante, e che la gente starebbe diventando “per la vita” e antiabortista. Poveri illusi. Con il Nobel al padre della provetta viene solennemente celebrata la santificazione laica della produzione dell'uomo da parte dell'uomo. E' la consacrazione del capovolgimento della creazione, è il punto più alto della ribellione dell'umanità a quel Dio che è Signore della vita, è il rovesciamento osceno del mistero dell'Incarnazione mediante il dominio tecnico del concepimento.
Edwards non è evidentemente un mostro o un malvagio, ma il capostipite di una lunga sequenza di tecnici e di medici che in questi anni si sono adoperati per perfezionare e diffondere la fecondazione artificiale. Egli ha dunque molti nipotini, e fra costoro figurano certamente anche tutti coloro che applicano le tecniche di riproduzione in vitro nella sola forma omologa, o nei limiti stabiliti dalla legge italiana sulla materia.
Non è possibile contestare il Nobel a Edwards e nello stesso tempo fare l'apologia della fecondazione artificiale omologa, o del congelamento degli ovociti, o del trasferimento di tutti gli embrioni prodotti. La mala pianta della provetta – che ha in Edwards il suo capostipite – può certamente produrre frutti particolarmente raccapriccianti, come l'uso di embrioni per la sperimentazione, o come l'eliminazione di embrioni difettosi. Ma quella mala pianta non può in alcun modo produrre frutti buoni, poiché non può sfuggire a una conseguenza intrinseca alle tecniche: la riduzione dell'essere umano a oggetto, misurabile dall'uomo e sacrificabile per i suoi scopi.
Per questo noi, non solo contestiamo il Nobel a Robert Edwards, ma contestiamo e contesteremo sempre ogni forma di legalizzazione della fecondazione artificiale extracorporea.
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