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Riguardo la crisi energetica che stiamo vivendo per prima cosa dovremmo prendere atto della realtà. E non inseguire le follie del sogno «andrà tutto bene». Vi ricordate quelli che ballavano sui balconi all'inizio del Covid? Ecco. Guardando al comportamento dei politici nell'ultimo anno, c'è da rimanere imbarazzati dalla loro incapacità non tanto di avere una strategia (sarebbe chiedere troppo), ma di avere coscienza di ciò che avviene sotto il loro naso.
1. LA CRISI PRECEDE L'INVASIONE RUSSA DELL'UCRAINA
La crisi inizia a ottobre del 2021, ben prima dell'invasione russa. Il prezzo unico nazionale dell'energia in quel mese sale da 5 a 25. L'amministratore delegato dell'Enel, Starace, ad un forum a Cernobbio sostiene, prima di tutti, che ci sono anomalie nella formazione del prezzo dell'energia. Tutti fermi.
2. L'EUROPA NON HA FATTO NULLA PER EVITARE IL DISASTRO
Dall'inizio della guerra ucraina (24 febbraio 2022) ad oggi, l'Europa è stata appresso a velleitarismi di tutti i tipi. Non ha fatto nulla, ma quel che è più grave prometteva tetti e limiti al prezzo che non poteva realizzare: bastava leggere I promessi sposi e la rivolta dei fornai, che non avevano la bomba atomica contro il prezzo massimo imposto dal gran cancelliere Ferrer.
3. L'ITALIA NON PUO' FARCELA
L'Italia non ha bisogno di 29 miliardi di metri cubi, ma di 32 miliardi da trovare in sostituzione di quello russo che arriva a singhiozzo. E gli accordi fatti, meritevoli per carità, non stanno sostituendo l'insostituibile.
4. I PREZZI AUMENTANO CON IL CRESCERE DELLA DOMANDA
Anche un bambino sa che il prezzo dell'acqua aumenta se sei assetato, sei nel deserto e se il venditore è solo uno, mentre il resto sono miraggi. È la situazione in cui ci troviamo oggi: sostituite acqua con energia elettrica e il gioco è fatto.
5. LE FONTI RINNOVABILI NON GARANTISCONO QUELLO CHE CI SERVE
Con il fotovoltaico ci possiamo al massimo fare girare la pista delle macchinine, sempre che sia di giorno. L'Enel nei primi sei mesi ha prodotto 34 gigawatt dal solare, contro i 5.705 dall'idro, i 2.716 del geotermico e gli 8.282 del carbone: insomma, anche se decuplicassimo la produzione dei pannelli ci faremmo poco.
6. ANCHE LA FRANCIA CI CHIUDERA' I RUBINETTI
Il gas serve da solo (pensate ai forni), ma anche per fare energia elettrica. La Francia ha la metà delle centrali atomiche in manutenzione e difficilmente darà a noi ciò che serve a lei.
7. ALTRI CI PASSANO AVANTI
Due giorni fa, l'Eni non ha ricevuto neanche una molecola del gas. Il tubo (Nord Stream) che va in Germania era chiuso e i tedeschi possono prenderlo da uno più a sud, che passa per l'Austria e che incidentalmente serve anche l'Italia. Ciò che non è arrivato a noi, è giunto a loro?
8. MANCA IL GAS PER TUTTI
Le municipalizzate, perdonerete il gioco di parole, sono alla canna del gas. In una recente intervista, il numero uno della quotata Iren, Gianni Armani, ha ammesso che in genere la sua azienda aveva il 70% delle forniture di gas coperte da contratti, oggi è al 40. Manca il gas, per essere chiari, o nessuno si fida che nei prossimi mesi ce ne sia a sufficienza.
Il gas, per l'Europa, è come l'acqua nel deserto. Scordiamoci tetti e prezzi calmierati. Il venditore fa il mercato anche se quel venditore ci fa orrore: tanto orrore che però continuiamo a chiedergli in ginocchio di non ridurre le forniture fino a quando lo decidiamo noi. Sarebbe bello, ma il mondo, non solo quello economico, non funziona così. Quello governato da Greta, forse.
Purtroppo siamo arrivati al redde rationem. Abbiamo fisicamente meno gas di quanto ci serva. E quello che avremo costerà caro. Tra poco dovremmo scegliere come procedere al razionamento. Con i prezzi alle stelle, il mercato fa il suo corso: uccide chi ne consuma di più. Ilva (che ha già un debito monstre con l'Eni), cartiere, vetrerie, ceramiche e tra poco cementieri chiudono. Si dovrà decidere chi salvare. Con in testa una cosa ben precisa, tanto per non fare come ai tempi del Covid quando si brindava alle città deserte e alla riscoperta della natura: il livello energetico di un Paese è il primo indicatore della sua prosperità.
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