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Dopo Attila, Napoleone, Churchill, l'Italia sembra aver trovato un nuovo fustigatore, il ministro dell'interno francese Gérald Darmanin. Sulla vicenda dell'Ocean Viking - nave ONG con 234 migranti accolta «a titolo eccezionale» nel porto di Tolone - i colpi di Darmanin si abbattono come una furia. Prima deplorando l'«inaccettabile» comportamento italiano (sul rifiuto di attracco a Catania), poi passando alle minacce: «La Francia tirerà le conseguenze dell'atteggiamento italiano» che si ripercuoterà «su tutti gli altri aspetti della sua relazione bilaterale». Infine pronosticando che «sarà il governo italiano a perderci», perché «se accogliamo questi 234 migranti, non ricollocheremo nessuna delle persone che ci eravamo impegnati a ricollocare per le settimane, i mesi a venire, fintanto che l'Italia continuerà questo comportamento contrario al diritto internazionale, alla solidarietà e agli impegni del governo prima dell'arrivo di nuove autorità italiane».
Al netto del profluvio di parole del ministro francese, è impossibile ignorare un fatto: su 44.000 migranti arrivati negli ultimi 3 mesi in Italia, in Europa ne sono stati redistribuiti 112, di cui, in Francia, appena 38. E ancora: dal 2011 - anno in cui la Francia di Sarkozy iniziò la guerra contro il leader libico Gheddafi destabilizzando di fatto l'intera Africa settentrionale - sono arrivati in Italia 819.330 migranti (negli undici anni precedenti, dal 2010 al 2020, gli sbarchi erano stati 214.975). Questi numeri dovrebbero bastare, da soli, a chiudere ogni possibile discussione (e a mostrare quanto il Trattato del Quirinale firmato da Macron e Draghi, «pietra miliare dei nuovi rapporti fra la Francia e il nostro Paese», fosse l'ennesimo bluff).
UN DOSSIER DA BRIVIDO
In questa nuova guerra diplomatica tra cugini c'è però anche dell'altro: l'atteggiamento delle forze di polizia francesi nei confronti dei migranti. Se cioè in Italia i «fragili» sbarcano immediatamente e vengono accuditi, al confine di Ventimiglia la gendarmeria francese si rende protagonista da anni di violazioni così gravi da costringere due organizzazioni umanitarie di ispirazione cristiana (Oxfam e Diaconia Valdese) in collaborazione con ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione) a pubblicare uno scottante dossier dal titolo paradigmatico: «Se questa è Europa...». L'indagine raccoglie testimonianze di migranti minorenni, compresi dodicenni, vittime di abusi, detenzioni e respingimenti illegali verso l'Italia una volta superata la frontiera di Ventimiglia.
Nel dossier, spiega Avvenire, l'intervento di prassi della polizia francese comporta «il fermo dei minori, spesso la loro registrazione come maggiorenni, la falsificazione delle dichiarazioni sulla loro volontà di tornare indietro, la loro detenzione senza acqua, cibo o coperte, senza la possibilità di poter parlare con un tutore legale». Il giornale della Cei, raccontando il dossier, aggiunge: «I ragazzi raccontano anche di essere stati vittime di riprovevoli abusi verbali o fisici: il taglio delle suole delle scarpe, il furto di carte Sim. In molti vengono costretti a tornare fino a Ventimiglia a piedi, lungo una strada priva di marciapiede».
BOLDRINATE ANTI-ITALIANE
Ora. Di fronte ai ridicoli numeri sulla redistribuzione (38 migranti accolti in Francia su 44.000 rimasti in Italia); a fronte di dossier senza colore politico che raccontano di una violenza transalpina da far impallidire; a fronte del documento con cui Frontex (cioè l'agenzia europea per il controllo delle frontiere) parla delle navi ONG come «fattore di attrazione» per l'aumento degli sbarchi; [...] a fronte di tutto questo, cosa fa la sinistra italiana? In una spirale di puro e finissimo autolesionismo, tifa contro l'Italia.
Ebbene sì. Qualche perla? Piero Fassino scrive: «Le prove muscolari sui migranti non solo non pagano ma provocano isolamento internazionale e crollo della credibilità. Litigare con i partner, come la Francia, è il modo più sbagliato, specie quando serviranno alleati per la riforma del Patto di stabilità». La piddina Alessia Morani continua: «Fare un disastro diplomatico di questa portata in soli 20 giorni non era facile ma il presidente Meloni ce l'ha fatta». Sulla stessa scia cinicamente anti-italiana (oltre all'amor di patria manca anche l'originalità) c'è Laura Boldrini: «È bastato neanche un mese al governo Meloni per compromettere i rapporti di collaborazione Italia-Francia. Un bel capolavoro».
Nessuno stupore in realtà: nelle stesse ore, e per un analogo tic, le sinistre attaccavano la lettera a presidi e studenti con cui il ministro dell'Istruzione Valditara osava ricordare l'anniversario della caduta del Muro, accusandolo di "leso comunismo".
Peccato però che ad ammettere che la reazione della Francia è stata talmente eccessiva da risultare pretestuosa (di «reazione incomprensibile» e di «reazione sproporzionata» avevano parlato, rispettivamente, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e il ministro degli Esteri Antonio Tajani) ci hanno pensato addirittura i giornali francesi. Di fronte alla minaccia - poi diventata ufficiale - di sospendere i ricollocamenti di richiedenti asilo, di fatto mai iniziati, Le Figaro ha parlato della linea francese sull'immigrazione come di una «politica pasticciata». Nonché di un Macron stretto in un sandwich: non può accogliere migranti per non dare spago alla destra di Marine Le Pen (a Parigi una bambina è stata sgozzata da una donna algerina con permesso di soggiorno scaduto), né può esagerare con la rigidità per non essere (ancora) accusato di razzismo dalla sua parte politica e dal resto dalla Ue. Ecco allora che l'Italia diventa il punching ball preferito dal presidente francese, che nel dare pugni al Belpaese deve però alternarsi con l'esterofila sinistra italiana. Un cazzotto ciascuno.
Nota di BastaBugie: Ruben Razzante nell'articolo seguente dal titolo "Contro la Meloni, il solito asse Ue-Pd" spiega perché la sinistra italiana fa sponda con la Francia.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 15 novembre 2022:
Il terreno di scontro tra Italia e Francia è ufficialmente la gestione dei flussi migratori, il che non è casuale. Si tratta, infatti, del tema ideale per ingaggiare una battaglia diplomatica e tentare di destabilizzare il quadro politico italiano. La nascita del Governo Meloni, al di là delle formali congratulazioni da parte delle cancellerie europee, è stata vissuta con fastidio da chi puntava su un pareggio tra destra e sinistra e su un altro governo di larghe intese sul modello Draghi. La schiacciante vittoria del centrodestra ha scombussolato i piani di quanti, a Bruxelles, speravano nella prosecuzione dello schema ibrido dell'ammucchiata, che anestetizza l'opposizione parlamentare e rende più agevoli i giochi di palazzo e le grandi manovre speculative internazionali.
All'indomani della costituzione e dell'insediamento del nuovo esecutivo italiano, sono partite le consuete e ben note manovre europee, che hanno come obiettivo la stabilità politica del nostro Paese. Spaccare il centrodestra e fomentare le divisioni sui migranti significa rendere più vulnerabile e precaria la struttura del governo Meloni, che ieri ha ricevuto l'approvazione di Marine Le Pen, convinta come il premier italiano della necessità di rimandare nei porti d'origine le navi con gli immigrati.
La tensione tra Francia e Italia è scoppiata ufficialmente perché il nostro Paese si è rifiutato di dare accoglienza alla nave Ocean Viking che portava a bordo 230 migranti. Per il governo italiano quelle persone erano migranti economici e non naufraghi, per questo ha rifiutato loro accoglienza. Così la Francia, dopo essere stata contattata dall'ong Sos Mediterranée che gestisce l'imbarcazione, ha accettato di accogliere la nave nel porto di Tolone. Macron è in difficoltà al suo interno e dunque cerca di non farsi mettere nell'angolo dalle opposizioni, ma il movente del suo astio contro l'Italia è, come detto, anche di natura politica.
La sinistra in Italia è a pezzi, divisa in tre tronconi (Pd, Terzo Polo e Movimento 5s) e quindi non è in grado di fare opposizione al governo Meloni. Tanto più che su molti temi, dalla guerra all'economia, passando per l'energia e i migranti, quei tre tronconi sono sempre molto divisi. E litigano anche sulle poltrone, in questo caso le briciole che spettano alle opposizioni, ad esempio le commissioni di garanzia come Copasir e Vigilanza Rai.
Pertanto, per provare a dividere Meloni da Salvini e Berlusconi occorre usare altre leve, in primis quella dell'accoglienza degli immigrati. In Europa si vuole costringere il premier italiano a prendere posizione tra la linea più dialogante, quella del Ministro agli affari europei, Raffaele Fitto, e quella più barricadera, quella del Ministro delle Infrastrutture (che ha la delega ai porti), Matteo Salvini. In verità non esiste nessuna spaccatura su questo. Il governo è unito e compatto. Semmai le difficoltà le ha il Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, pienamente allineato sulle posizioni di fermezza della Meloni e del resto dell'esecutivo, ma in difficoltà con il proprio partito, Forza Italia che, per pure ragioni di faide interne, tenta di far pesare la sua presenza in maggioranza alzando il prezzo su certi temi, come l'immigrazione. Sospetta in questo senso la recente esternazione di Silvio Berlusconi, che aveva confidato ai suoi di non condividere la scelta del governo italiano perché lui i migranti nel porto di Catania li avrebbe fatti sbarcare tutti.
Probabilmente gli attriti tra Italia e Francia, soprattutto dopo la telefonata tra Mattarella e Macron, si smorzeranno, perché entrambi sono convinti della necessità di far prevalere, nell'immediato, uno spirito collaborativo. Tuttavia, il fuoco cova sotto la cenere e non sono affatto da escludere, anzi potremmo darle per assai probabili, nuove entrate a gamba tesa di francesi e tedeschi nella vita politica nazionale italiana, nel tentativo di agitare le acque nella maggioranza di centrodestra. Dopo tutto, che l'andazzo potesse essere questo lo si era capito già nelle ultime settimane di campagna elettorale quando il leader del Pd, Enrico Letta, dopo aver visto gli ultimi disastrosi sondaggi, poi rivelatisi veritieri, aveva deciso di fare campagna elettorale più all'estero che in Italia, più a Parigi e Berlino che a Roma. Meglio ingraziarsi gli alleati europei e provare a screditare i probabili vincitori del 25 settembre anziché ammettere le proprie palesi contraddizioni, come quella di rivendicare i meriti dell'Agenda Draghi ma poi allearsi con i verdi e i comunisti italiani che l'avevano picconata fin dall'inizio. Il tentativo di Letta si è rivelato fallimentare, i consensi della Meloni sono cresciuti negli ultimi giorni di campagna elettorale e al leader del Pd, sconfessato perfino dai suoi, altro non è rimasto se non accelerare i tempi della resa dei conti interna, con la convocazione del congresso. Nel frattempo, però, occorre battere un colpo ogni tanto per non farsi fagocitare da Conte e allora ecco che l'azione delle cancellerie europee, ancora vicine alla sinistra, può regalare una boccata d'ossigeno alle moribonde sinistre e dare l'impressione che il governo Meloni sia in difficoltà. E' un film già visto che potremmo intitolare "Attentato alla sovranità italiana". Sono cambiati solo gli attori, ma si tratta dell'ennesima replica.
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