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LE TRE INTERVISTE ESPLOSIVE DI GANSWEIN
Il segretario di Papa Benedetto XVI parla con schiettezza del sinodo tedesco e degli altri problemi nella Chiesa (VIDEO: Intervista di Gänswein a Verissimo)
di Manuela Antonacci

Pochi conoscono la Chiesa come lui, lui che ne è stato fedele servitore ai massimi vertici. Parliamo dell'arcivescovo Georg Gänswein segretario particolare di Benedetto XVI, cui è stato accanto per quasi 30 anni. Al giornale tedesco Bunte ha raccontato come la sua vita abbia subito una svolta decisiva a partire dalla lettura del libro Introduzione al cristianesimo che lo avrebbe ispirato a studiare teologia e a diventare sacerdote, fino ad essere consacrato vescovo in Vaticano. Ma soprattutto, al giornale tedesco, avrebbe fornito delle risposte importanti sull'evoluzione attuale del sinodo tedesco che l'arcivescovo avrebbe commentato con una certa franchezza.
In particolare ha sgombrato il campo dall'equivoco che sta generando l'espressione "chiesa tedesca": «Non c'è nessuna chiesa tedesca, c'è la Chiesa cattolica in Germania, e le cose al momento non sembrano rosee, anzi. In tutto il Paese sembra esserci un solo tema ed è il "cammino sinodale". La risposta alle sfide attuali non sono le dispute e dibattiti su questioni strutturali o di potere. Ciò che colpisce è che là dove si proclama autenticamente la fede, dove si celebra la liturgia con riverenza e coscienza e si vive l'amore fraterno cristiano, lì vive la Chiesa».
E a proposito di questioni di potere, Bunde, non gli ha risparmiato la domanda su una delle questioni affrontate dal sinodo, quella del sacerdozio femminile, sottolineando come tra le obiezioni mosse alla chiesa cattolica dall'assemblea sinodale, sia quella di essere scarsamente al passo coi tempi, perciò in essa le donne "moderne" non si riconoscerebbero più. Obiezione a cui Gänswein ha risposto sostenendo che non esiste una "chiesa per gli uomini" e che l'affermazione che le donne di oggi non si sentano rappresentate nella chiesa sarebbe un «luogo comune, che viene ripetuto regolarmente ma non rappresenta l'opinione della maggior parte delle donne».
Gänswein ha poi affondato il colpo denunciando la tendenza, che emerge in modo particolarmente eclatante dal sinodo in Germania, ma che è piuttosto diffusa, a creare non solo una fede personale, basata sul fai da te, ma persino una Chiesa a propria immagine e somiglianza: «La fede non è creta da modellare che può essere plasmata in un modo o in un altro, a seconda dello spirito dei tempi e delle circostanze del momento» -ha sottolineato- «Una fede ridotta, annacquata non ha efficacia. La misura della predicazione è il vangelo, è Gesù Cristo stesso».
E non si tratta solo di belle parole, perché come sottolinea nella sua intervista, si tratta di convinzioni, di cui avrebbe pagato personalmente il prezzo. Infatti l'arcivescovo, ricorda di essere stato per lungo tempo stigmatizzato col marchio di "intransigente" e "fondamentalista". Ma si difende: «Qual è il mio reato? Credo e annuncio ciò a cui ho promesso di credere e ciò che ho promesso di annunciare durante la mia ordinazione sacerdotale prima e nell'ordinazione episcopale, dopo: la fede cattolica, opportuna o inopportuna che sia. Nient'altro».
Chiunque lo definisca "fondamentalista" deve chiedersi se ha un problema con la propria fede.

Nota di BastaBugie: Stefano Chiappalone nell'articolo seguente dal titolo "Gänswein: nient'altro che la verità sul sinodo tedesco" racconta di come il segretario di Benedetto XVI parli con schiettezza cammino sinodale tedesco e degli altri problemi nella Chiesa.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 21 aprile 2023:

Da mons. Georg Gänswein arriva una stoccata al controverso "cammino sinodale tedesco": un percorso che ha aggravato la crisi di fede e non ha nemmeno forza giuridica. E lo dice da canonista: pochi ricordano infatti che il segretario di Benedetto XVI (e almeno formalmente Prefetto della Casa Pontificia) si è laureato alla Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco proprio in Diritto canonico, materia che ha poi insegnato a Roma presso la Pontificia Università della Santa Croce.
Sembra ormai un ricordo il lungo silenzio seguito al "caso mediatico" esploso dopo la pubblicazione di Nient'altro che la verità. L'arcivescovo tedesco si è pian piano riaffacciato sulla scena pubblica, dalle occasioni liturgiche in suffragio e ricordo del Papa emerito al salotto di Bruno Vespa, all'inizio di marzo. Ma questa volta lo fa con ben tre interviste in tre giorni consecutivi (da far invidia a Papa Francesco che pure di interviste ne concede senza numero e a stretto giro). Domenica 16 aprile, 96° anniversario della nascita di Benedetto XVI, è stato ospite di Verissimo, condotto da Silvia Toffanin. Lunedì 17 aprile è stata la volta del programma austriaco Zib 2. Infine, nella sua Germania, martedi 18 aprile è comparsa un'ampia intervista al Passauer Neue Presse (alcuni stralci di queste ultime due sono stati rilanciati in Italia da Silere non possum).
Roma ha mostrato chiaramente i limiti (Rom hat ganz klar die Grenzen aufgezeigt): titola così la testata di Passau e i «limiti» sono quelli che il sinodo tedesco non può travalicare. Al tema è dedicata tutta la seconda metà dell'intervista, mentre nella prima parte si parla del presente e del futuro dell'arcivescovo. Niente di nuovo sulla ventilata nomina in Costa Rica che sembrava imminente dopo l'udienza con Papa Francesco a marzo («No, non so più nulla»). Lasciato il monastero Mater Ecclesiae, dove fino al 31 dicembre scorso ha vissuto accanto a Benedetto XVI, «ora vivo in una casa accanto a Santa Marta, dove vive Papa Francesco» e «svolgo i miei doveri di esecutore testamentario». Gänswein ha ereditato «una bellissima croce di legno bavarese che lui stesso [Ratzinger] aveva nella sua casa da cardinale». E il compito di distruggere la corrispondenza privata («lettere che i genitori di Ratzinger scrivevano ai figli e poi anche loro, tra fratelli»): un «momento doloroso», «ma ovviamente ho eseguito il suo ultimo desiderio senza scuse».
La conversazione si sposta poi sull'«11 settembre della Chiesa», cioè la piaga degli abusi, casus belli che ha innescato il Synodaler Weg con tutte le sue derive, ancora in corso. «Dubito che il percorso sinodale, così come si è sviluppato, sia stata la risposta giusta alla crisi degli abusi», afferma Gänswein, anche perché i «temi» del sinodo «vanno ben oltre la necessaria risposta alla crisi degli abusi», spostandosi «su obiettivi completamente diversi», che presentano piuttosto il rischio di condurre «fuori dall'unità della Chiesa universale». Più che risposte, il sinodo tedesco ha innescato «tensioni all'interno della Chiesa cattolica in Germania e con la Santa Sede», che in occasione della visita ad limina dei vescovi tedeschi nel novembre 2022 e poi con la lettera dei cardinali Parolin, Ouellet e Ladaria, «ha mostrato in modo chiaro e inequivocabile dei limiti che vanno presi sul serio».
E anche Gänswein è chiaro e inequivocabile: «Non considero il cammino sinodale una risposta utile ai reali bisogni dei fedeli», aggiungendo «da canonista» (come abbiamo detto in apertura), che esso «non ha forza giuridica vincolante ai sensi del diritto canonico». Del resto, l'immediata risposta vaticana alla lettera dei vescovi di Colonia, Eichstätt, Augusta, Passau e Ratisbona (le poche voci controcorrente nell'episcopato tedesco) «dimostra l'urgenza con cui il Vaticano sta affrontando la questione». Una situazione così grave che l'arcivescovo confida: «Prego e spero che si possa evitare una scissione».
In breve, la "via" tedesca si sta rivelando un rimedio peggiore del male. «Il declino della fede di fatto è aumentato in seguito al cammino sinodale», afferma Gänswein, smentendo l'altro "tormentone" (ricordato dall'intervistatore) che bisogna pur fare qualcosa per ravvivare la fede. Bisogna farlo, ma la vera risposta viene «dall'approfondimento della fede e non da questioni strutturali. La fede, se la prendo sul serio, si risveglia a nuova vita solo attraverso una vera conversione personale e un approfondimento», il che «presuppone impegno personale e determinazione. È una lotta e lo sarà sempre».
Insomma, non è una Chiesa alla moda quella auspicata da Gänswein, che conclude rievocando le parole profetiche, risalenti al 1958, di «un giovane professore di teologia di nome Joseph Ratzinger», secondo il quale «la Chiesa del futuro» sarà «una Chiesa di piccole minoranze che vivono di fede e la testimoniano e la trasmettono in questo mondo. Non siamo forse oggi i testimoni di questa profezia?». Infatti, se a prima vista i "venti" sinodali possono riscuotere un illusorio consenso (ma a cosa: a un involucro svuotato dall'interno?), la Chiesa non deve temere la perdita di «influenza politica e sociale», non è questo il suo obiettivo - afferma - «ma testimoniare il Vangelo di Gesù Cristo, la Buona Novella, con parole e azioni».

VIDEO: INTERVISTA INTEGRALE A VERISSIMO
Nel video dal titolo "Don Georg Ganswein: l'intervista integrale" (durata: 41 minuti) si può vedere l'intervista di mons. Georg Gänswein del 16 aprile, 96° anniversario della nascita di Benedetto XVI, in cui l'ex segretario del Papa è stato ospite di Verissimo, condotto da Silvia Toffanin.
Per vedere il video, clicca qui!

 
Titolo originale: Padre Georg: «La Chiesa vive dove la liturgia è celebrata con riverenza e coscienziosità»
Fonte: Sito del Timone, 9 maggio 2023