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L'impresa per la costruzione del muro di confine della canonica procedeva e Don Camillo supervisionava i lavori perché tutto filasse secondo il progetto regolarmente autorizzato. Supervisionava anche di notte, perché la faccenda aveva fatto scaldare i motori a possibili sabotatori di crinale.
"Io l'avverto" gli aveva ricordato Peppone al bar, "la sua muraglia è considerata un atto reazionario contro la liberta del popolo". Ma Don Camillo, che delle libertà che si prendevano Gianni e la sua gang nel prato della canonica non ne poteva più, aveva sventolato il regolare permesso e dichiarò la sua intenzione a procedere. "Il prato della canonica", rispose, "è di proprietà privata e riguarda la corte della Chiesa, quindi il popolo e la sua libertà può andare ad esercitarla da un'altra parte oppure chiedere permesso passando dalla porta".
La vicenda era arrivata persino sulla stampa. "Il parroco di crinale costruisce muri e non ponti", aveva titolato in prima pagina L'Eco di crinale. E si faceva presente che "chi alza i muri ne resta prigioniero". Don Camillo aveva chiamato a raccolta quelli della Confraternita per dire di tenersi pronti a tutto, ma che il muro si sarebbe fatto. La questione muraria era nata perché il prato della canonica rimaneva in una strada buia e risultava comoda per combinare affari che si addicevano alle pertinenze di un edificio sacro. Il Gianni e la sua gang si appartavano regolarmente per combinare i loro traffici conditi alla solita gazzarra. Una mattina sul muro in costruzione apparve una scritta lasciata per mano ignota: "più prati, meno preti" e fu la goccia che fece traboccare Don Camillo. Si precipitò dal Cristo dell'altar maggiore: "Signore non c'è più rispetto per un povero prete!" "Don Camillo... non sarà certo un muro a liberare il cuore dell' uomo. Hai visto la fine che hanno fatto i muri della storia?" "Mi perdoni Signore se oso precisare, ma il mio è un muro che non vuole fare della storia, si accontenta della geografia locale"
Peppone intanto stava già tenendo il suo comizio davanti al muro. "Il prato è del popolo il popolo risponde all'arroganza clericale che non si apre alla fratellanza e alla diversità. Non fatevi ingannare da coloro i quali vi parlano di patrie e di regole da rispettare. Noi, il popolo, siamo la libertà! Noi, il popolo, siamo la democrazia! E noi i muri li buttiamo giù!". partì un applauso liberatorio.
Don Camillo uscì dal sagrato e, mani sui fianchi, richiamò l'attenzione della piccola folla. " Cari cittadini, sono sicuro che in nome della fratellanza e della libertà il nostro amico Peppone saprà offrirvi libera ospitalità nel giardino di casa sua, che è ampio e ben servito. Anche lui così saprà mettere il suo mattone per la conquista della libertà". L'applauso fu più debole, ma la gang di Gianni parve gradire. Peppone incassò il colpo. E la sera aprì il suo cancello al libero bivacco dei moderni giovani. Il giorno dopo Peppone si recò in Chiesa. "Don Camillo, lei questa volta ha passato il limite! Quelli mi hanno distrutto il giardino e poi io ho dei nipoti che non possono vedere e sentire certe cose... mi capisce no!?"
"Eh no, caro Peppone non mi parli di limiti. Certe parole non stanno bene in bocca ai profeti di libertà. Però la capisco, perché siamo liberi davvero solo quando ci sono dei muri che ci ricordano che non siamo dei Padreterni. E che per entrare c'è una porta sola, quella di Nostro Signore. Chi non passa da lì è un ladro e un brigante".
E il giorno dopo i muri ripresero ad essere costruiti. " Signore", disse Don Camillo al crocifisso, " forse con i muri un cuore lo abbiamo cambiato. Ma questi sono i muri con le porte, che fanno solo la geografia locale, quelli della storia per fortuna che sono caduti". "Amen", rispose il Crocifisso.
Nota di BastaBugie: questo racconto è tratto dal libro "E continuavano a chiamarlo don Camillo" (Ed. Cantagalli), prima raccolta di brevi storie di fan fiction che riportano in vita i celebri personaggi guareschiani. In maggio è uscita anche la seconda raccolta con altri 35 racconti "Don Camillo e la bocciata finale" (Ed. Il Timone).
Per conoscere lo scrittore delle storie originali di Don Camillo e Peppone, l'indimenticabile Giovannino Guareschi, clicca qui!
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