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Uno dei rimproveri che la cultura contemporanea, più o meno consapevolmente, rivolge a Dio è quello di stare sempre zitto. Perché non parla? Perché non dice il suo parere sui fatti del mondo? Perché non interviene nei dibattiti che spesso oppongono tra loro perfino gli uomini della stessa fede? È un silenzio - vien fatto di pensare - che sembra quello di un morto. In realtà il rimprovero non è fondato.
Prima di tutto perché Dio ha già parlato con la sua Rivelazione, che è culminata con la missione tra noi del Figlio suo, la sua Parola sostanziale che non cessa più di risonare. A questa Parola, che esprime tutto quanto è esprimibile della divinità, non ha più niente da aggiungere. Piuttosto adesso è il tempo della nostra risposta. E forse, reclamando l'intervento di Dio, vogliamo in fondo sfuggire all'impegno e alla responsabilità del rispondere a lui con la nostra preghiera, con la nostra riflessione, con la nostra condotta, con le nostre scelte, con la nostra vita. Press'a poco come ci è più facile e meno inquietante mettere sotto accusa la società, le "strutture", gli "altri", gli uomini del passato, la storia, che non mettere sotto accusa noi stessi nel segreto e nella verità dei nostri esami di coscienza.
In secondo luogo, il rimprovero non è fondato perché il Signore parla ancora ai singoli, anzi li "chiama", cioè si propone a ciascuno di noi come l'interlocutore del dialogo più appassionato e più decisivo che possa avere un uomo, e come la mèta e la ragione di ogni singola esistenza umana.
LA CHIAMATA DI DIO
Le letture di oggi, presentandoci delle "chiamate" (quella antica di Samuele, e poi quella di Andrea, di Giovanni, di Pietro), ci invitano a riflettere sulla nostra vocazione. Ciascuno di noi ha la sua vocazione, ed è la cosa più importante che abbia. Perché il senso e il valore di un uomo non consistono in quello che lui pensa di se stesso nel tempo, ma in quello che Dio ha pensato di lui nell'eternità.
Le chiamate del Signore hanno alcune caratteristiche, che mette conto di considerare.
- Sono di solito "discrete": nel silenzio notturno, come per Samuele; o nell'aria immobile e assorta di un afoso pomeriggio palestinese, come per Andrea. Perciò molti non le sentono (e poi magari si lamentano del silenzio di Dio): il tumulto dei sensi, o lo stridere dei rancori, o anche semplicemente il vivere distratti, senza mai un momento di silenzio interiore, impediscono che la voce del Dio che chiama arrivi fino al cuore dell'uomo.
- Le chiamate di Dio di solito sono all'inizio timide e quasi esitanti. Aspettano il principio di una risposta prima di farsi più chiare e più forti. Che cercate?, dice Gesù ai due che lo seguono; e attende, prima di proseguire, che siano loro a esprimere il desiderio di entrare in un rapporto più vivo. Samuele!, chiama Dio nella notte, e non prosegue a parlare fino a che il ragazzo non risponde, dichiarando esplicitamente di essere pronto e disposto ad ascoltare.
- Quando però dispiegano tutta la loro intrinseca energia, le chiamate di Dio sono trasformanti: Samuele diventa un capo (acquistò autorità); Andrea diventa un apostolo; Simone diventa "Pietro", cioè la roccia su cui poggia tutta la Chiesa di Cristo. L'augurio da fare a noi stessi, e la grazia da chiedere a questo punto, è che si avveri anche per noi quanto è scritto di Samuele: Il Signore non lasciò andare a vuoto una sola delle parole che gli aveva detto.
IL PROGETTO D'AMORE SU CIASCUNO DI NOI DETERMINA IL SENSO DELLA NOSTRA VITA
Il progetto d'amore su ciascuno di noi determina il senso della nostra vita. Nella pagina che abbiamo ascoltato (e in genere nella narrazione dei primi tre giorni di vita pubblica di Gesù) il quarto Evangelo raccoglie tutto il tema della vocazione (che nei primi tre Evangeli si trova distribuito in vari punti), così come raccoglierà nella "sezione pasquale" tutto il tema della missione. E non appare tanto, come nei sinottici, "vocazione all'apostolato", quanto "vocazione alla sequela di Cristo". Su questo argomento, che vale per tutti gli uomini e acquista una particolare intensità nella vita di speciale consacrazione, fissiamo alcune essenziali considerazioni.
1. Su di noi c'è una "vocazione". Qui c'è la prima connotazione, che determina tutto l'orientamento della vita: la persuasione che la scelta fondamentale sta tra il voler ritenere che su di noi c'è il silenzio di un universo vuoto (e quindi l'esistenza è l'assurdità di un camminare senza mèta) e il convincersi che su ciascuno di noi c'è una voce che chiama per nome.
2. La chiamata implica che su di noi ci sia anche un "disegno". E questa è la seconda persuasione: la scelta fondamentale sta tra il voler ritenere che alle nostre spalle ci sia il caso (e allora è logico vivere "a caso", ed è inutile e insignificante ogni impegno) e il convincersi che alle nostre spalle c'è un progetto d'amore. Badate: non solo un progetto generale che vale per tutti gli uomini, ma un progetto particolare e specifico, che è stato pensato e voluto per me.
3. L'esistenza di un "disegno" implica che il senso vero e la realizzazione di una vita stia nell'obbedienza al disegno.
Va notato a questo punto l'irriducibile contrasto che c'è tra il Vangelo e la "mitologia" corrente e imperante, per la quale il senso e la realizzazione della vita sta nella "libertà", cioè nel fare ciò che si vuole ed essere svincolati da ogni superiore progetto.
Anche nel cristianesimo la "libertà" è un grande ed essenziale valore, purché sia intesa non come la condizione astratta e vuota di contenuti di chi non ha impegni con nessuno, ma come la positiva ricchezza di chi si rende capace di rispondere per amore (non per costrizione, non per convenzionalità, non per inerzia) al disegno d'amore del Padre, che ci è rivelato nella parola, nei gesti, nella personalità di Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio crocifisso e risorto, dal segreto lavoro dentro di noi dello Spirito Santo. Andrea dice: Abbiamo trovato il Messia.
Anche noi "abbiamo trovato". Abbiamo trovato in Cristo il senso vero di tutto l'universo, che è di essere il frutto di un atto eterno d'amore e di possedere una "chiamata" come molla e guida della sua storia; abbiamo trovato il senso vero della nostra vita, che è di essere una obbedienza a questa "chiamata" e a questo eterno atto d'amore.
Nota di BastaBugie: questa omelia del card. Giacomo Biffi è tratta dal libro "Stilli come rugiada il mio dire".
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