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LE PROVE CHE LE ATTIVITA' UMANE SONO RESPONSABILI DEI MUTAMENTI CLIMATICI?
Manca il serio rigore scientifico
di Antonino Zichichi
 

II problema del riscaldamento globale (global warming) è al centro dell'attenzione di tutti i governi e dell'opinione pubblica su scala mondiale. Le conclusioni del Comitato intergovernativo delle Nazioni Unite (Ipcc) sono state prese come fossero dettate da certezza scientifica. E invece sarebbe proprio necessario far capire al grande pubblico che la scienza è lungi dall'avere le certezze di cui si parla tanto. Vediamo perché. È necessario anzitutto distinguere meteorologia e climatologia. Prevedere il tempo che farà in intervalli che vanno dalle ore ai giorni fino al massimo di due settimane è compito della meteorologia. Quando entrano in gioco tempi lunghi, tipo decine e centinaia d'anni, entra in gioco la climatologia.
Il grande pubblico è convinto che la scienza galileiana abbia capito tutto, sia nello studio dei tempi brevi, sia nello studio dei tempi lunghi. E purtroppo lo stesso fanno i governi. La strada è invece ancora molto lunga per arrivare ad un tale traguardo. Sarebbe necessario un impegno politico, forte, per dare vita ad un Laboratorio mondiale interamente dedicato allo studio dell'innumerevole serie di problemi meteo-climatologici. La scienza del clima ha saputo mettere su basi di rigorosa logica matematica la descrizione di ciò che avviene nei dieci chilometri d'aria che circondano la superficie solida e liquida di questo satellite del Sole. E ha concluso che non può esistere l'equazione che descrive tutti questi fenomeni.
Questi fenomeni hanno infatti come unica possibile descrizione matematica, non una equazione in grado di portare a soluzioni esatte ma un sistema di equazioni, differenziali non lineari, fortemente accoppiate. Il grande pubblico vuole sapere se è vero che le attività dell'uomo stanno portando ad uno sconvolgimento delle caratteristiche climatiche della Terra.
Per venire a capo di questo problema è stato istituito dall'Onu il Comitato permanente — prima citato — composto da oltre duemila scienziati di tutte le nazioni, l'Ipcc (Intergovernmental panel for climatic changes), che ha lavorato per diversi anni portando l'opinione pubblica mondiale a credere che la scienza ha capito tutto sul clima: presente, passato e futuro. Se fosse vero, il destino climatologico del nostro pianeta dovrebbe essere privo di incertezze e sotto il rigoroso controllo della scienza. Non è così.
E' necessario riportare nel cuore dei Laboratori scientifici queste tematiche, togliendole dalle mani di coloro che ne hanno fatto strumento indispensabile per soddisfare ambizioni che nulla hanno a che fare con la verità scientifica. Il grande pubblico vuole sapere quali sono le conclusioni che il rigore scientifico può permettere di derivare dall'analisi delle misure fatte. Ecco le risposte. Incominciamo con l'anidride carbonica. Le misure dicono che è aumentata e su questo non c'è nulla da discutere. Ma i modelli dell'Ipcc prevedono che, con questo aumento, la temperatura avrebbe dovuto aumentare tre volte più di ciò che si misura.
Un confronto rigorosamente basato su matematica e scienza ci ha portato a due conclusioni. Bisogna lavorare ancora molto e con maggiore rigore per migliorare i modelli matematici finora usati. E infatti sulla base di quanto fatto fino ad oggi non è possibile escludere che i fenomeni osservati siano dovuti a cause naturali. Può darsi che l'uomo c'entri poco o niente. Un'analisi sulle variazioni climatiche dei periodi trascorsi, da milioni di anni fino a pochi secoli fa, dimostra che i raggi cosmici influiscono molto sul destino del clima, ma nessun modello matematico ha finora introdotto questa variabile.
Eppure è per via dei raggi cosmici che la Terra perde le due calotte polari ogni 140 milioni di anni. Nell'ultimo mezzo miliardo di anni è successo ben 4 volte: l'uomo non era ancora apparso. Qui stiamo parlando di clima. Ci sono però fenomeni che non possono essere spiegati da ciò che fanno il Sole e la Terra. C'è bisogno di qualcosa che abbia tempi molto lunghi. Entra così in gioco la climatologia cosmica. Essa dipende da dove si trova la Terra rispetto ai "bracci" della Galassia. I "bracci" sono infatti zone in cui l'intensità dei raggi cosmici può arrivare ad essere dieci volte più alta delle zone esterne ai "bracci".
La caratteristica di ciascun "braccio" è quella di possedere una potente attività di formazione di Stelle, quindi di tutta la sequenza astrofisica associata. In essa ci sono i flussi dei raggi cosmici. Questi "raggi" consistono in massima parte di quelle particelle che sono la cenere elettricamente carica e pesante del Big Bang e dette "protoni". Entrare in un "braccio" della Galassia vuoi dire esporre la Terra a un flusso di raggi cosmici intenso. Questo vuol dire periodo glaciale. Nelle zone dello spazio galattico fuori dai "bracci" il flusso di raggi cosmici diminuisce - come detto prima - di circa dieci volte. Questa diminuzione porta la Terra ad attraversare periodi climatici molto caldi. Se scarseggiano i raggi cosmici, la Terra entra in un periodo di clima torrido.
Il dato molto interessante è il valore della periodicità relativa ai passaggi attraverso i "bracci" della spirale galattica: 143 milioni di anni.
Nel corso degli ultimi 500 milioni di anni ci sono state quattro glaciazioni e quattro periodi di clima torrido. Quando diminuisce il flusso di raggi cosmici, diminuisce la formazione nuvolosa attorno alla Terra e la temperatura aumenta. Da quando è nata la meteorologia gli studi per capire la evoluzione climatica davano per scontato che a giocare il ruolo dominante erano i gas ad effetto serra e prima tra tutti l'anidride carbonica. In verità la serie di eventi cui diamo il nome di evoluzione climatologica dipende da molti fattori.
In sintesi: la composizione chimica dell'atmosfera; la dinamica dei movimenti delle grandi masse oceaniche; le distribuzioni geografiche dei continenti che sono dotati di movimenti lentissimi ma che, nel corso di milioni di anni, incidono sul motore meteorologico; il campo magnetico prodotto dal cosiddetto "vento solare", tutti questi elementi hanno un ruolo nella dinamica climatologica. In essa mancavano però gli effetti legati alla traiettoria che la Terra percorre in seno alla Galassia. Saranno necessari ulteriori studi e ricerche per stabilire entro quali limiti gli effetti, da noi prima citati e considerati importanti per il clima, possano agire da cassa di risonanza in tempi brevi per l'evoluzione del clima dovuta al nostro viaggio tra i bracci della Galassia.
Questa sintesi dimostra quanto sia necessaria una forte azione politica affinchè si possa dare al grande pubblico, ed ai governi di tutto il mondo, la certezza che il futuro meteo e climatologico della nostra Terra sia nelle vere mani della comunità scientifica. Comunità che sente l'esigenza di una nuova alleanza tra potere politico e scienza. E infatti già nei lontani anni Ottanta del secolo scorso, prima che nascesse l'Ipcc, avevo richiamato l'attenzione dei miei colleghi, nella mia relazione di apertura alla Conferenza mondiale della Wmo (World meteorological organization, allora diretta dal collega e amico Obasi) sui pericoli che correva la scienza nella sua proiezione culturale su vasta scala. Un modello matematico non potrà mai essere più preciso dei dati usati per metterlo in grado di descrivere l'evoluzione atmosferica. Non bisogna scoraggiare i costruttori di modelli matematici. Bisogna incoraggiarli a far meglio, senza però avallare come valide le loro previsioni, quando esse vanno al di là del prevedibile. Qui entra in gioco la credibilità della scienza.
Con i modelli meteo-climatologici dell'Ipcc la scienza rischia, infetti, di perdere la sua credibilità, sé non fa sentire con forza la sua voce al fine di permettere al grande pubblico ed ai governi di capire come in effètti stanno le cose su ciò che è possibile prevedere e su ciò che si è effettivamente capito. L'istituzione di un Laboratorio mondiale per mettere su basi di rigore scientifico il futuro meteo-climatologico di questo satellite del Sole, sarebbe la prova di una nuova grande alleanza tra politica e scienza.

 
Fonte: 5 marzo 2009