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GESÙ CRISTO È IL TRAGUARDO FINALE DELLA STORIA INDIVIDUALE E UNIVERSALE
“E di nuovo verrà nella gloria”: sono parole che ripetiamo nel Credo, a proposito del Signore Gesù. Forse le ripetiamo un po’ distrattamente; eppure esprimo no un punto fondamentale della nostra fede. L’odierna pagina del Vangelo ci viene offerta proprio perché possiamo raggiungere una maggiore consapevolezza di questa verità e della sua rilevanza per la vita cristiana.
Da chi la Chiesa ha saputo la notizia che il nostro Salvatore verrà ancora visibilmente sulla terra, e che con questa definitiva venuta concluderà quella vicenda di affanni e di speranza, di colpe e di dolore, di santità e di scelleratezze, che è la storia umana?
L’ha saputo da Cristo stesso che ha detto (e noi l’abbiamo ascoltato): Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria.
Il cristiano dunque sa che la storia non è, come può sembrare, uno svolgersi irragionevole di accadimenti senza senso e senza esito; e non è neppure, come talvolta hanno cercato di farci credere, l’adempimento di previsioni formulate dall’una o dall’altra teoria sociale; previsioni che sono tutte prima o poi destinate a essere smentite. Il cristiano sa che la storia ha una mèta, e questa mèta è il Signore Gesù. Cristo, che è il centro del tempo (tanto che dalla sua comparsa in mezzo a noi contiamo i nostri anni), sarà anche il suo finale traguardo.
Per farci capire che la venuta del Signore concluderà la vicenda del mondo, il Vangelo si rifà alla prima pagina della Bibbia, là dove è descritta la creazione. Il sole, la luna, le stelle – che col loro splendore hanno contrassegnato gli inizi – con il loro oscurarsi segnaleranno la conclusione.
E quanto è vero per la storia generale dell’umanità è vero anche per la storia personale di ognuno di noi: dopo i giorni dell’esistenza terrena, ci troveremo al cospetto del “Figlio dell’uomo”, cioè di Cristo, che verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti, cioè per giudicare tutti coloro che sono stati, che sono e che saranno; un giudizio al quale, dunque, nessuno può sfuggire con la furbizia o la potenza dei mezzi economici e delle raccomandazioni, come troppo spesso capita nei giudizi umani.
NON SPETTA A NOI CONOSCERE QUANDO AVVERRÀ LA FINE DEL MONDO
Oggi Gesù ci parla della fine del mondo e della distruzione imminente di Gerusalemme. A spiegare qualche espressione un po’ oscura di questa pagina è utile ricordare che per i discepoli di Gesù, che hanno raccolto e riferito le sue parole (come del resto per tutti gli ebrei del suo tempo), Gerusalemme si identificava simbolicamente col mondo intero: la sua distruzione significava ai loro occhi la distruzione di tutto. Sicché nel discorso del Signore c’è come una sovrapposizione: i due preannunci appaiono mescolati.
A) A Gerusalemme, per esempio, bisogna intendere riferita la profezia: Non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avverate. Difatti le legioni romane distruggeranno la Città Santa appena quarant’anni dopo questo discorso.
B) È rapportabile invece alla fine del mondo l’esplicita affermazione di Gesù che nessuno ne conosce la data. Anzi, per farci capire che questo è un assoluto segreto di Dio, egli dice addirittura che né dagli angeli né da lui stesso potremmo mai venirlo a sapere:
Quanto al giorno e all’ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre. Dove si vede quanto siano inattendibili coloro che ogni tanto si azzardano a fare delle predizioni a questo riguardo; come è, ad esempio, il caso dei Testimoni di Geova: più di una volta in questo secolo essi si sono coperti di ridicolo annunziando una catastrofe cosmica che poi naturalmente non si è verificata.
LA VITA COME VIGILE ATTESA IN VISTA DELL’INCONTRO CON CRISTO
È importante che noi, invece di perderci dietro alle morbose favole degli eretici, richiamiamo brevemente e ordinatamente, i punti essenziali dell’autentica Rivelazione di Dio.
1. Tanto la storia del mondo quanto la nostra storia individuale un giorno finirà. È dunque necessario che noi organizziamo la nostra vita non come se non dovessimo mai lasciarla, ma in ordine a una preparazione; in vista cioè di entrare nel Regno dei cieli, arricchiti del bene compiuto.
2. Proprio perché non conosciamo il momento né della fine del mondo né della nostra morte, dobbiamo conservarci nell’atteggiamento spirituale dell’attesa. L’invito alla vigilanza risonerà con insistenza speciale nelle prossime domeniche di Avvento.
3. L’umanità nel suo insieme e ognuno di noi individualmente stiamo andando verso un incontro con Cristo. Mette conto quindi di tenerci fin d’ora in una intensa amicizia con lui; con lui che si è offerto in sacrificio per noi, riscattandoci dai nostri peccati e diventando la sorgente della nostra santificazione; con lui che sta alla destra del Padre, dove intercede per noi e donde ci invia ogni giorno la forza della sua grazia; con lui che è il Padrone al quale dovremo rendere conto di tutti i nostri atti; con lui che è Signore buono e pietoso, cui non dobbiamo cessare mai di guardare con assoluta fiducia.
LA PAROLA CHE NON PASSA
Abbiamo sentito Gesù proclamare solennemente: Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
A questo mondo tutto, anche ciò che più sembra stabile e vigoroso, presto o tardi arriva alla fine e scompare.
In questi decenni abbiamo visto – nel breve spazio della vita di un uomo – tramontare o trasformarsi radicalmente istituzioni, situazioni, convenzioni sociali, che parevano eterne. Abbiamo conosciuto personaggi che sono stati esaltati come fossero dèi e si sono presentati come artefici di giustizia e benefattori dell’umanità, e che nel giro di pochi anni sono stati gettati nel disprezzo. Abbiamo fatto esperienza di ideologie e sistemi sociali che volevano presentarsi come la soluzione di tutti i problemi e il rimedio di tutti i mali, ma che poi hanno rivelato la loro natura menzognera e sono irrimediabilmente decaduti, o stanno irrimediabilmente decadendo.
Resta unico colui che solo è il Signore. Mentre tutte le infatuazioni passano, il Crocifisso, che è risorto, rimane in onore nelle nostre chiese e nei nostri cuori. Soltanto la sua parola continua a risonare identica a sé e sempre vera. Soltanto le sue promesse fondano in ogni epoca le sole speranze che non deludono.
Chiediamo a Dio nostro Padre la grazia di saper corrispondere alla solidità invincibile del Regno di Cristo e del suo Vangelo con la fermezza della nostra fede e con la costanza della nostra fedeltà.
Nota di BastaBugie: questa omelia del card. Giacomo Biffi è tratta dal libro "Stilli come rugiada il mio dire".
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Le Edizioni Studio Domenicano hanno autorizzato la pubblicazione della porzione di testo sopra riportata con lettera del 3 luglio 2023.