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Minuto. Impassibile. Trincerato dietro un paio di occhiali scuri. Protetto da uno spesso vetro anti- proiettile. A trent’anni dalla caduta di Pol Pot e alla dissoluzione di una delle più sanguinarie dittature del Novecento –le vittime furono due milioni–, il primo dirigente dei khmer rossi è comparso in un’aula di un tribunale cambogiano a Phnom Penh, sotto l’egida delle Nazioni Unite. Kaing Guek Eav, ai più conosciuto come “Duch”, insegnante di professione, capo torturatore del regime per vocazione. Che ruolo ha avuto –in una delle pagine più terribile della storia recente– l’uomo che ieri appariva rigidamente seduto nell’aula del tribunale? “Duch” guidava le torture nella famigerata prigione di Tuol Sleng o “S-21” dove si calcola abbiano perso la vita, tra il 1975 e il 1979, tra le 15 e le 20mila persone. I (pochi) sopravvissuti alle barbarie del regime lo ricordano così: zelante, scrupoloso, un fanatico delle tecniche di tortura perfezionate negli anni della guerriglia.
È accusato di crimini contro l’umanità per aver ordinato torture, stupri e più di cento omicidi al giorno. Il suo avvocato, Francois Roux, ha anticipato che chiederà pubblicamente scusa alle vittime e al popolo cambogiano, ma lui in aula è rimasto impassibile. In silenzio.
Quella di ieri è stata una prima udienza tutta dedicata a questioni procedurali. Il processo entrerà nel vivo solo il mese prossimo, mentre si prevede che il verdetto arrivi solo a settembre. Non sono mancate le polemiche attorno a un procedimento –che può “contare” su un bilancio di 56 milioni di dollari –: qualcuno ha puntato l’indice contro la presunta spettacolarizzazione del genocidio, altri contro la estrema lentezza con cui procede. Solo nel 2010 dovrebbe iniziare il processo a carico di altre quattro figure di primo piano del regime: Khieu Samphan, 77 anni, ex capo di Stato; Ieng Sary, 83 anni, ministro degli Esteri; Ieng Thirith, 76 anni, moglie di Sary e ministro per gli Affari sociali; Nuon Chea, 82 anni, ideologo del regime e soprannominato “fratello numero 2”. Pol Pot, il sanguinario dittatore conosciuto come “fratello numero 1” è morto il 15 aprile del 1998, senza aver mai risposto delle atrocità commesse. Il tribunale chiamato a giudicare i crimini in Cambogia è stato creato nel maggio 2006, dopo otto anni di trattative tra Phnom Penh e le Nazioni Unite, negoziati che hanno fatto mettere in dubbio la volontà del governo di renderlo operativo.
I comunisti cambogiani presero il potere nel 1975, dopo il collasso dell’apparato militare americano nel vicino Vietnam e lanciarono la loro “rivoluzione” svuotando in poche ore la capitale Phonm Pen. L’intera popolazione della capitale fu mandata ai lavori forzati nelle campagne nella convinzione che così sarebbe stata abbattuta la società “borghese”. La S-21 fu una prigione riservata esclusivamente ai khmer rossi dissidenti che venivano torturati fino a quando non confessavano i loro presunti “tradimenti”. Dopo li attendeva solo la morte. Dinanzi al ghigno dei loro carnefici.
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