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OMELIA PER LA III DOMENICA DI AVVENTO - ANNO A - (Mt 11,2-11)
Fra i nati di donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista, ma il più piccolo nel Regno dei Cieli è più grande di lui
da Il settimanale di Padre Pio

La terza Domenica d’Avvento è detta anche “Domenica della gioia”. È detta così perché il Natale è ormai vicino e la Liturgia ci invita a prepararci con rinnovata esultanza a questo mirabile evento.
Il Vangelo di oggi ci presenta un episodio un po’ difficile da comprendere. Giovanni Battista è in carcere per aver ripreso apertamente Erode Antipa a motivo della sua scandalosa relazione con Erodiade. Egli già in precedenza aveva indicato ai suoi discepoli che Gesù era il Messia atteso dalle genti, Colui che toglie il peccato del mondo (cf Gv 1,29-34; Mt 3,11-12). Dal carcere ove ora si trova, il Battista manda i suoi discepoli a domandare se Egli è veramente il Messia. Come mai li manda, dopo aver in precedenza chiaramente riconosciuto in Gesù il Messia? A questa domanda sono state date diverse risposte dagli studiosi della Sacra Scrittura.
La risposta più convincente sembra essere la seguente: non era tanto il Battista ad avere dubbi in proposito, ma i suoi discepoli. Essi si attendevano un Messia diverso, un Messia austero e vigoroso che avesse sferzato con forza i peccatori recalcitranti. Non si attendevano di certo un Messia mite e misericordioso. Per questo motivo, il santo Precursore li manda da Gesù affinché si rendano conto che devono seguire il Maestro di Nazareth e non più lui, ormai condannato a morire.
La domanda dei discepoli è la seguente: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» (Mt 11,3). «Colui che deve venire» è un’espressione tipica dell’Antico Testamento e indica il Messia promesso da Dio. Gesù risponde loro rimandandoli a quanto essi “ascoltano” e “vedono”. In poche parole, rispondono le opere stesse compiute da Gesù. I Profeti, infatti, parlavano dei segni che avrebbero accompagnato il Messia: «Si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto» (Is 35,5-6). Ecco allora che Gesù risponde ai discepoli del Battista in questo modo: «Andate a riferire a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo» (Mt 11,4-5).
Le parole di Gesù si concludono con questa frase: «E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo» (Mt 11,6). Queste parole significano che sono beati quelli che non trovano nel comportamento umile e misericordioso di Gesù un ostacolo a credere in Lui e ad accettare di divenire suoi discepoli, rinunciando a sogni e a speranze troppo umane. Molti, infatti, erano quelli che si attendevano un Messia ben diverso, un Messia umanamente vittorioso. Come ho detto prima, anche i discepoli del Battista si aspettavano un Messia austero e severo, un Messia che avesse rimproverato aspramente tutti i peccatori. Per questo motivo, san Giovanni Battista, al termine della sua esistenza terrena, invia i suoi discepoli da Gesù, affinché comprendano la sua lezione di misericordia e il suo appello alla conversione. Il discorso di Gesù termina con un elogio nei riguardi del Precursore. Egli dice che il Battista è più che un profeta (cf Mt 11,9). Con queste parole, Gesù vuole indicare che Giovanni è proprio il messaggero inviato da Dio a preparare la strada al Messia. Infine Gesù dice: «In verità io vi dico: fra i nati di donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui» (Mt 11,11). Ciò significa che Giovanni è come il confine tra l’Antico e il Nuovo Testamento. Egli è il vertice dell’Antico ed arriva alle soglie del Nuovo. Quindi, egli è il più grande dei Profeti, ma non possiede ancora la pienezza della Rivelazione, per cui noi, alla luce del Vangelo, conosciamo di Dio molto più di lui. Ciò significano le parole: «Ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».
Veniamo ora a noi. Domandiamoci cosa ci attendiamo da Gesù. Molti ebrei si attendevano un liberatore politico; i discepoli del Battista aspettavano un Messia severo e austero; e noi? Ognuno lo vorrebbe a sua immagine e somiglianza, ma pochi sono quelli disposti ad accoglierlo per quello che è veramente. Tutti lo vogliono, ma come vogliono loro. Il messaggio di questa terza Domenica penso possa essere proprio questo: accogliere Gesù per quello che è e per quello che insegna, e non per quello che noi vorremmo; fare nostro il suo modo di pensare, di parlare e di agire. Tutto questo lo otterremo solo pregando molto e meditando assiduamente il suo Santo Vangelo, ove impariamo la sua Sapienza. Solo in questo modo potremo essere autenticamente felici.

 
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 12 dicembre 2010)