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La nostra società ha prodotto una gran quantità di oggetti tecnologici destinati a farci guadagnare tempo; mai prima d'ora tali mezzi avevano raggiunto un simile livello di sviluppo. Tuttavia abbiamo l'impressione di essere sempre a corto di tempo al punto da dover andare sempre più veloci, da dover correre ed agitarci semplicemente per continuare ad essere in grado di svolgere il nostro ruolo professionale e sociale. L'accelerazione della vita è sempre più spesso accompagnata da fatica, senso d'inadeguatezza e spersonalizzazione, in altre parole è diventata una fonte di disumanizzazione. Fare sempre più cose e vivere sempre più esperienze rende l'accelerazione una forza che domina in modo totalitario la società moderna.
UN'ACCELLERAZIONE CONTINUA
Per Harmut Rosa, filosofo e sociologo tedesco (autore di Accelerazione e alienazione, cfr. bibliografia), erede della scuola di Francoforte, l'accelerazione è la caratteristica fondamentale della modernità, una caratteristica che è andata crescendo negli ultimi decenni del secolo scorso, sino ad assumere una dimensione in precedenza inimmaginabile.
L'eccesso di velocità, secondo Rosa, porta a gravi forme di autospossessamento legate al tempo e allo spazio, alle cose e alle azioni, alla percezione di sé e degli altri. Subendo la pressione di un ritmo sempre crescente, gli individui affrontano il mondo reagendo alle sollecitazioni, riuscendo sempre meno a esercitare una signoria sulla propria esistenza.
Per Harmut Rosa ci sono tre forme di accelerazione: accelerazione tecnologica, accelerazione sociale, accelerazione del ritmo di vita.
L'accelerazione tecnologica, di per sé, dovrebbe farci guadagnare tempo: un'email è più veloce di una lettera, un aereo più di un'automobile. La lavatrice o l'email potrebbero farci risparmiare tempo. Ma spesso non è così: ad esempio, la donna che fa la lavatrice lava più spesso; il professionista che rispondeva a dieci lettere al giorno oggi si trova di fronte a cento mail.
Dal canto suo, l'accelerazione sociale consiste nel "cambiamento continuo delle mode (già per loro natura effimere) e del 'panorama' politico, culturale, artistico". Questo cambiamento continuo " ci fa perdere la nozione di un'identità stabile, sostituita da identità fluide e continuamente reinventate" e consiste nel fatto che "molto più spesso di quanto avveniva un tempo, nel corso della vita cambiamo lavoro, città, qualche volta coniuge, affiliazione politica o religione - e qualcuno cambia perfino sesso" (Massimo Introvigne, Non ho più tempo, cfr. bibliografia).
L'accelerazione tecnologica intrecciandosi con l'accelerazione sociale, determina un'accelerazione del ritmo di vita, che ci dà l'impressione di non avere mai tempo. Non solo si mangia e si parla più rapidamente, si riducono le pause e i 'tempi morti' fra un'azione e l'altra, ma inoltre facciamo più cose contemporaneamente, come mangiare e concomitantemente guardare la televisione e leggere messaggi e mail.
LE CAUSE
Per Introvigne la sociologia ha individuato tre motori che spingono l'accelerazione della vita: il motore economico, quello sociale e quello culturale.
Il primo è il bisogno dell'economia di mercato di vendere sempre nuovi prodotti, così che quelli precedenti devono essere sostituiti dopo pochi anni.
Il motore sociale consiste nella molteplicità di ruoli che ciascuno ricopre - siamo professionisti, ma anche genitori, sportivi, soci di un circolo, ecc. - e ogni ruolo cerca di 'colonizzare' il nostro tempo come competitor degli altri. Questa differenziazione dei ruoli, ciascuno con pretese egemoniche, genera facilmente stress e malfunzionamenti nelle relazioni sociali.
Ma il motore principale dell'accelerazione è quello culturale; la "mentalità (post)moderna ci persuade che chi va lentamente è un perdente mentre chi va di fretta alla fine della vita avrà avuto il doppio delle esperienze. Ma questo sostituto secolare dell'eternità fallisce, perché ogni esperienza apre la possibilità di altre, e nessuno potrà davvero viverle tutte".
CHI È SEMPRE RAGGIUNGIBILE LAVORA SEMPRE
Tutto ciò finisce per spossessarci della nostra vita, perché veniamo costretti a viverla nel rispetto dei ritmi accelerati e delle priorità che ci vengo imposti.
Una conseguenza importante dell'accelerazione sociale è la tendenza al venir meno della distinzione fra lavoro e tempo libero. Chi è sempre raggiungibile per email o cellulare lavora sempre.
Le previsioni di Harmut Rosa sono drastiche: l'accelerazione non può che continuare come "corsa in avanti senza briglie verso l'abisso", che porterà a catastrofi ecologiche malattie epidemiche incontrollabili ed esplosioni di violenza da parte degli 'esclusi' dell'accelerazione.
Secondo altri sociologi che studiano l'accelerazione è ormai impossibile rinunciare agli smartphone o ai tablet o ricreare una società pre-digitale e, oltre a non essere fattualmente praticabile, non serve, perché l'accelerazione è ormai dentro di noi e il fatto culturale è più importante di quello tecnologico.
Pertanto, ciò che è invece davvero necessario è riconquistare un rapporto non malato con il tempo, introducendo dei correttivi che impediscono alla velocità di superare la nostra capacità di riflessione e giudizio, in modo da mantenere un'espressione di sé misurata e autentica.
RISCOPRIRE L'OTIUM
Già nel 1952 il filosofo cattolico tedesco Josef Pieper (1904-1997) nel saggio Otium e culto aveva rilanciato l'idea classica e cristiana dell'otium, inteso come atteggiamento spirituale, con cui si contemplano le cose e si decide che la propria azione, opposto sia alla pigrizia sia all'agitazione. Secondo Pieper, nella società moderna l'otium è necessario a salvaguardia e difesa dell'umano.
Non si tratta perciò di rifiutare la tecnologia, ma d'intervenire in modo concreto sul rapporto culturale con il tempo, come il Magistero della Chiesa indica e cioè liberandoci della smania dell'efficienze e dedicando tempo alla preghiera e al silenzio: "Là dove i messaggi e l'informazione sono abbondanti, il silenzio diventa essenziale per discernere ciò che è importante da ciò che è inutile o accessorio" (Benedetto XVI Messaggio per la XLVI Giornata delle Comunicazioni Sociali, 24.1.2012).
VIVERE CRISTANAMENTE OGNI MOMENTO
Ora, bisogna distinguere il momento, che è l'istante in cui viviamo, dal tempo globale. Come ha detto Papa Francesco, "Forse non possiamo sentirci padroni del momento", ma "l'inganno è crederci padroni del tempo. Il tempo non è nostro. Il tempo è di Dio". Certamente il momento è a volte nelle nostre mani, anzi "noi possiamo diventare sovrani del momento. Ma del tempo c'è solo un sovrano: Gesù Cristo. Per questo il Signore ci consiglia: "Non lasciatevi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: Sono io, e il tempo è vicino. Non andate dietro a loro (Daniele, 2, 31-45). Non lasciatevi ingannare". Papa Francesco a questo proposito ricorda che "il cristiano è […] colui che sa vivere nel momento e sa vivere nel tempo" (meditazione in S.Marta 25.11.2013).
Il cristiano per vivere il momento senza lasciarsi ingannare dai falsi profeti deve orientarsi con la preghiera e il discernimento, ha spiegato il Santo Padre, che ha poi fatto riferimento alla Parabola del fico (Marco 13,28-29), nella quale Cristo riprende quanti sono capaci di intuire l'arrivo dell'estate dal germogliare del fico e non sanno invece riconoscere i segni del progetto di Dio. E ha spiegato che il discernimento serve "per conoscere i veri segni [divini], per conoscere la strada che dobbiamo prendere in questo momento".
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