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« Torna alla edizione
E alla fine anche il New York Times è stato costretto a scusarsi con il giovane Nick Sandmann e con gli altri studenti del liceo cattolico di Covington, dopo averli insultati insieme al resto del gotha mediatico americano per un intero fine settimana. Ma il caso dei «giovani cattolici bianchi elettori di Trump che assaltano un nativo americano alla Marcia per la vita» non può essere frettolosamente derubricato a «errore». Perché rivela in modo magistrale che cosa sono davvero le «fake news» e in quale assurdo stato di isteria collettiva sono sprofondati gli Stati Uniti, coinvolgendo purtroppo non solo gli odiatori di professione di Donald Trump e dei suoi malcapitati elettori, ma anche la Chiesa cattolica.
LA MARCIA PER LA VITA
Partiamo dai fatti. Venerdì si è tenuta a Washington, come tutti gli anni, la Marcia per la vita, l'evento pro life più partecipato al mondo. Anche la 46esima edizione si è svolta il 18 gennaio per ricordare il giorno del 1973 in cui è stata emessa la sentenza della Corte Suprema nel caso Roe v. Wade, che liberalizzò l'aborto negli Stati Uniti. Almeno 200 mila persone hanno sfilato per le strade della capitale celebrando la vita e chiedendo, come la maggior parte degli americani in base ai sondaggi, restrizioni alla pratica dell'interruzione di gravidanza.
La marcia, come al solito, è stata perlopiù ignorata dai media, che considerano "notizia" la partecipazione massiccia della popolazione a un evento solo quando sostiene cause progressiste à la page. Quest'anno, però, il muro dell'indifferenza è stato infranto da un video di 60 secondi subito diventato virale su Twitter: il filmato mostrava un gruppo di ragazzi bianchi, allegri e schiamazzanti come tutti i giovani del mondo, circondare un nativo americano armato di tamburo. La telecamera si soffermava in particolare su un giovane, Nick Sandmann, che con un ghigno enigmatico sul volto si frapponeva tra il nativo americano e il memoriale di Abraham Lincoln.
RAZZISTI, FASCISTI, INTOLLERANTI
La narrazione a reti unificate dei media americani ha frettolosamente emesso la versione ufficiale della storia, condita da sdegno unanime e condanna feroce: il giovane, che indossava un cappellino rosso Maga (Make America Great Again, il fortunato slogan della campagna elettorale di Trump), stava irridendo il nativo americano, per il quale non portava alcun rispetto, impedendogli di passare con fare minaccioso. La storia, gonfiata all'inverosimile da tutti i giornali, è stata prontamente confermata dal nativo in questione, il 64enne Nathan Phillips, attivista che afferma di avere combattuto nella guerra del Vietnam: «Si stava mettendo male per me», ha dichiarato al Washington Post, «e ho pensato: "Devo riuscire ad andarmene da questa situazione e finire la mia canzone al memoriale di Lincoln". Ho provato a farlo, ma quel ragazzo mi si è parato davanti e mi sono ritrovato in un vicolo cieco».
Il caso è stato subito portato davanti al tribunale più feroce degli Stati Uniti, quello dei social e in particolare di Twitter, che ha emesso la sua inappellabile condanna: quel ragazzo è colpevole. I media si sono scatenati: il New York Times ha accusato gli studenti di «assaltare» il nativo americano, Cnn, Washington Post e tutti gli altri media che non perdono occasione di attaccare Trump e i suoi sostenitori si sono accodati. Nick e gli altri studenti sono stati definiti «teppisti disgustosi», degni di «essere eliminati» con quelle loro «facce da schiaffi» e i loro «ghigni da suprematisti bianchi privilegiati». E giù con «razzisti, fascisti» e «intolleranti» (e che altro potrebbero essere dei giovani bianchi, cattolici, pro-life, elettori di Trump?). Anche la scuola cattolica di Covington è stata presa di mira: i media hanno sottolineato come fosse una scuola «privata, cattolica, per soli maschi» e dove guarda caso tutti gli insegnanti sono «bianchi».
LA CONDANNA
Anche i cattolici si sono buttati nella mischia: la scuola cattolica di Covington, che ha annunciato per martedì la chiusura dei battenti a causa delle minacce ricevute e ha riaperto mercoledì grazie ai pattugliamenti della polizia, ha emesso un comunicato insieme alla diocesi per «condannare le azioni degli studenti verso Nathan Phillips e verso tutti i nativi americani in generale. Questo comportamento è contrario agli insegnamenti della Chiesa cattolica sulla dignità e il rispetto della persona umana. Prenderemo le azioni appropriate, compresa l'espulsione».
Ma non finisce qui: oltre che espellerli dalla scuola e magari metterli alla sbarra (un procuratore ha annunciato che i fatti possono costituire il reato di «assalto aggressivo e violento»), il celebre sacerdote gesuita James Martin, quello che accusa la Chiesa cattolica di discriminare e odiare le persone Lgbt, si è detto «disgustato» dalla condotta degli studenti, mettendoli alla porta addirittura della Chiesa: «Queste azioni non sono cattoliche. Mi chiedo se questi studenti capiscano pienamente che cosa sia la dignità di ogni vita umana». Sottinteso: non solo quella dei bambini abortiti. Persino la Marcia per la vita si è prontamente lavata le mani e ha accusato i giovani.
Gli utenti di Twitter poi, famosi e non, non ci sono andati giù leggeri. Ecco una breve e concisa rassegna stampa: «Nessuno nasce razzista. Sono i genitori, gli insegnanti, la società e i leader che li educano all'intolleranza. È colpa di Trump. Ecco perché dobbiamo condannare il razzismo dovunque e sempre». «Piccoli pezzi di merda». «Chiudete quei ragazzi nella scuola e bruciatela». «Razzisti». «Bigotti». «Intolleranti». «Froci».
IL SECONDO VIDEO
Questo uragano apocalittico di isteria, sdegno, reprimenda, condanna unanime si è abbattuto su un minorenne e i suoi amici in base a una foto e un video di 60 secondi per un intero fine settimana. Poi è avvenuto un fatto increscioso. Per uno strano scherzo del destino la dea Nemesi ha rivolto il suo sguardo sugli Stati Uniti e ha fatto sì che venisse pubblicato su Twitter un nuovo filmato, ma più lungo, ben 10 minuti, che ha mostrato che cosa è davvero successo quel venerdì: il nativo americano non è stato affatto provocato dai giovani, è accaduto piuttosto il contrario. Gli studenti, seduti pacificamente sulla scalinata del memoriale, si sono ritrovati sotto la salva di insulti ingiustificati del gruppo Black Hebrew Israelites, che li stava vezzeggiando con queste parole delicate: «Froci. Sporchi buchi di culo bianchi, la vostra ora sta per arrivare. Voi credete in un fottuto molestatore di bambini. Cristo sta per tornare e prendere i vostri culi bianchi a calci». In questo clima amichevole, non sono stati affatto i giovani a importunare Nathan Phillips, ma è lui che, invece di salire al memoriale come avrebbe potuto fare in qualsiasi momento, ha scelto di andare davanti a loro a provocarli, suonando il suo tamburo in faccia al giovane Sandmann, sempre più perplesso. Gli altri nativi, intanto, gridavano agli studenti: «Siamo qui da milioni di fottuti anni prima di voi. Tornatevene in Europa da dove provenite. Questa non è la vostra terra».
Nick Sandmann ha poi raccontato la vera e documentata versione dei fatti in un comunicato stampa: «Sono lo studente del video». Dopo che alcuni afro-americani hanno cominciato a insultarci, «il manifestante nativo americano si è parato davanti a me accompagnato da almeno una persona con una telecamera. Non ho mai interagito con lui. Non ho fatto alcun gesto con la mano né altre mosse aggressive. A essere onesto, ero stupefatto e confuso sul perché mi avesse avvicinato. Un altro gruppo di manifestanti ci aveva già gridato contro e quando il secondo gruppo [di nativi americani] ci ha avvicinati ho temuto che la situazione potesse sfuggire di mano: c'erano adulti che tentavano di provocare dei ragazzi. Ho pensato che rimanere calmo e immobile avrebbe aiutato a placare gli animi. Mi sono reso conto che tutti avevano telecamere e che forse un gruppo di adulti stava cercando di provocare un gruppo di giovani. Ho recitato una preghiera in silenzio perché le cose non degenerassero».
E ancora: «Sono mortificato che così tante persone abbiano pensato cose che non sono avvenute, che studenti della mia scuola stessero intonando slogan razzisti contro gli afro-americani o i nativi americani. Io non l'ho fatto, non nutro sentimenti di odio nel mio cuore e non ho visto alcun mio compagno fare queste cose. Ho letto che il signor Phillips è un veterano di guerra. Lo ringrazio per il suo servizio e sono grato a tutti coloro che difendono la nostra nazione in uniforme. Se qualcuno si è guadagnato il diritto di parlare liberamente, quello è un veterano».
CONTRORDINE, COMPAGNI!
Dopo che la realtà dei fatti è stata appurata, la metà degli editorialisti, dei commentatori e degli utenti di Twitter che si era scagliata contro il giovane si è scusata, altri hanno cancellato gli insulti, altri ancora hanno fatto finta di niente o sono andati a nascondersi. I giornali si sono riempiti di articoli pensosi sull'importanza di «non correre alle conclusioni», di «non supporre» le cose e, ovviamente, di verificare i fatti. Tutti in ritardo, ma meglio tardi che mai. Solo per la cronaca: Phillips, il nativo americano, ha ritrattato imbarazzato la sua versione dei fatti. «Contrordine, compagni!», avrebbe ironizzato quel genio di Giovannino Guareschi.
Mentre un intero paese faceva retromarcia, chi pubblicamente chi meno, chi scusandosi chi facendo finta di niente, pochi hanno avuto il coraggio di usare le parole scelte da Sohrab Ahmari, che scrive per il Catholic Herald e per il New York Post: «Vorrei avere parole rassicuranti da offrirvi in mezzo a questo momento difficile. Ma tutto ciò che posso dire è che tutti vi abbiamo deluso. L'élite dei media è venuta meno al suo dovere verso la verità e la giustizia. La vostra scuola vi ha deluso. La vostra diocesi vi ha deluso. La vostra Chiesa vi ha deluso, con alcuni dei più importanti cattolici della nazione, laici e chierici, che si sono affrettati a unirsi a coloro che infierivano su di voi. L'America vi ha deluso. Anch'io vi ho deluso, perché sono stato un credulone davanti al consenso espresso da tutti i media. Ho imparato la lezione. Cari ragazzi della scuola cattolica di Covington, non dovete chiedere scusa di niente».
In tutto questo, Donald Trump, che da anni non fa altro che twittare frasi come «le fake news sono il vero NEMICO DEL POPOLO», è ovviamente passato all'incasso, dichiarando: «Nick Sandmann e gli studenti di Covington sono diventati il simbolo delle Fake News e di quanto malvagie possano essere». Forse per la prima volta da quando è stato eletto presidente degli Stati Uniti, neanche un giornale ha avuto il coraggio di dargli torto.
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